lunedì 14 giugno 2010

Copia conforme

  • Cinema Mignon di Via Velletri
  • Tra umiliati e offesi la cosa divertente è che praticamente nessuno ha visto il film... e nemmeno un ringraziamento per essermi sacrificata per i lettori! Buona lettura!

Non è tanto il fatto di aver visto uno dei film più brutti degli ultimi trent’anni… non è questo che provoca una sensazione di profonda amarezza… Copia conforme è un film orrendo di cui però non si può dir male perché il suo autore/regista è Abbas Kiarostami, perché è stato presentato a Cannes e perché c’è Juliette Binoche che si è fatta tutti quei pianti per quel regista incarcerato.
Il fatto che la storia sia del tutto assente a favore di una serie di chiacchiere stereotipate e noiose passa in secondo piano rispetto all’inconcludenza di quasi un’ora e quaranta che abbiamo scelto di dedicare al cinema. Doveva essere il cinema con la “c” maiuscola e invece ci si trova in questa Toscana da cartolina che troppi registi prima di Abbas hanno già utilizzato come sfondo. Qui non manca nulla… campane della chiesa che suonano insistentemente facendo due palle così, o’ surdato ‘nnammurato che viene strimpellato per almeno venti minuti accompagnato dalla fisarmonica, il ristorante (perché in Italia si sa che se magna bene)… mancava lo scugnizzo…
Un incipit che immediatamente mi ha fatto sorgere il dubbio che sarebbe stata meno dolorosa una serie di legnate sugli stinchi con una temperatura di 2 gradi.
Parole, parole, parole… ma non quelle di Mina e Alberto Lupo… i dialoghi sono ripetuti ossessivamente, sono banali… imperdonabile dare il “la” con un’apertura che è una conferenza su un libro… Il libro è “copia conforme”… pare di questo si parli… se possa succedere che la copia sia meglio dell’originale. Masticazzi… potrà anche succedere… e allora?
Tutti a dire “un film sulla coppia”…. Ah… io avevo capito che era un film sulla “copia (conforme)”… ma non è che c’è stato un misunderstanding con Abbas che magari non parla tanto bene l’italiano? No… perché questi due non sembra che siano una coppia… sembra che lei se lo rimorchi e che poi inizino a flirtare… sai che novità. Poi però il gioco prende la mano e i due imbecilli (anche sull’attempato andante) danno sfogo a tutta la loro imbecillità. Finisce così.
“Scusa… finisce così… come?”
“Così…”
“Ma cosa intendi dire..?”
“Niente… nel mentre che non è successo nulla il film, grazie al cielo, finisce…”.
Al cinema eravamo non più di una decina di persone.
Il mio cavaliere mi dice alla fine: “sai quelle due davanti a noi? Ci stavano guardando… evidentemente eravamo più interessanti del film…”.
Tutto quello che mi è venuto da dire è: “che poi lui era un burino.. perché se il vino sa di tappo la bottiglia te la cambiano…”.
Insomma la morte del cinema, limortacci di Abbas…..

Con la morte del cinema non posso che abbinare un cimitero, quello conosciuto come Cimitero inglese o acattolico di Roma, risalente al 1700, vicino alla Piramide.
Anche se è un cimitero è un posto piacevole da visitare, così come potreste andare al Père Lachaise a Parigi. Non ci troverete Jim Morrison ma personaggi come
John Keats e con questo mi sa che mi sono bruciata la possibilità di abbinare sto cimitero a Bright Star... mannaggia...

domenica 13 giugno 2010

Tamara Drewe

  • Giovedì 10 giugno 2010, Cinema Sala Troisi, ex Induno. Non ci andavo dagli anni '70...
  • Bella sala, grande ma per la miseria c'era l'aria condizionata rotta... Alla fine del film eravamo cotti.
  • In sala Sergio Zavoli.

Deve essere stato imbarazzante a Cannes… avete presente quando due attrici si trovano sul tappeto rosso con lo stesso abito?
Bene… questo è ciò che è capitato a Mike Leigh e Stephen Frears che entrambi hanno avuto la necessità di dividere, oltretutto inutilmente, i loro film in capitoli scanditi dalle stagioni. Tamara Drewe… Un film corale che dovrebbe essere tenuto in piedi dalla protagonista, un’insipida Gemma Arteton incapace di sostenere un ruolo che per altro è poco più di un abbozzo. La storia che non prende mai una strada decisa è in bilico tra commedia e qualcosaltro che non si capisce bene. Con una voce narrante fastidiosa come quella dei film di Woody Allen i fatti avrebbero potuto giovarsi di una predestinazione posticcia ma qui resta tutto in balia di un’approssimazione inconcludente.
In una pensione destinata ad accogliere scrittori o aspiranti tali si intrecciano le storie di un marito troppo intraprendente e della moglie accondiscendente… arriva Tamara che, nell’intenzione di Frears, dovrebbe essere irresistibile ma che è totalmente priva di personalità. Il regista vorrebbe convincerci che il suo arrivo faccia precipitare gli eventi ma il tutto è molto forzato.
Il film si chiude con una deriva drammatica ai limiti dello splatter e con precipitoso e repentino cambiamento delle psicologie dei personaggi. Il canovaccio si dipana su una struttura debolissima, i dialoghi non raggiungono mai punte di ironia o di sano british humor. È il caso di dire che anche Frears potrebbe andare in pensione, non quella degli scrittori ma quella dei registi.
Dispiace senza riserve constatare che l’abbassamento degli standard abbia colpito anche questo autore…
All’uscita del cinema smorfie di delusione ma per lo più tutti molto attenti a non fare dichiarazioni troppo nette. Si vede che già siamo arrivati al punto in cui bisogna accontentarsi di un tale pastrocchio solo perché il regista lo conosciamo dai tempi delle Dangerous Liaisons…

Di fronte a pellicole del genere... curate nella forma (la fotografia è notevole anche se poco funzionale alla storia) si resta basiti per come la noia sia di casa come una vecchia zia. Non c'entra per nulla... ma del resto non ho firmato con nessuno un contratto sugli abbinamenti... ;-)... suggerisco un film che, a causa di come fu trailerato, fu scambiato per un qualsiasi "giovanilistico": Schegge di April. Amaro quanto basta, curioso e con interpreti interessanti, compresa l'attuale Mrs. Tom Cruise...

giovedì 10 giugno 2010

Año bisesto

  • Terza proiezione Canne a Roma, Cinema Alcazar 

Oggi è la volta di Año bisesto una sorta di ultimo tango messicano denso di non detti di grande impatto emotivo. Non si tratta del tanto atteso capolavoro ma finalmente da questo Canne sembra uscire se non altro un film a rete fitta, complesso seppur in una semplicità della messa in scena che nulla toglie al valore dell’opera.
Una giovane donna, sola nella sua casa, vive fantasticando una vita che non ha. Non ci sono grandi sogni ma necessità semplici… l’amicizia con i vicini di casa, la complicità di un’amica… di amore nemmeno a parlarne, i giorni si consumano tra avventure occasionali che le restituiscono solo l’immagine di una solitudine senza fine. Si intuisce un’infanzia di abusi paterni, l’angoscia e il peso di un passato che l’ha resa incapace di distinguere l’amore dalla sofferenza.
Laura, un’intensa Monica del Carmen, non si concede l’amore perché l’unico amore che conosce è legato ad una violenza che le fa desiderare la morte…
Sarà l’incontro con un uomo dalla sessualità impegnativa ma apparentemente interessato a lei che, facendo riemergere da meandri repressi un’emotività profondamente contorta, la condurrà ad una decisione estrema che però rimarrà solo un intento.
Un’interessante ritratto delle ferite dell’anima e di come il dolore possa scavare in profondità diventando una falsa via d’uscita.
Chissà, alla fine, un briciolo di speranza forse… la vita continua ma chissà come…
Año bisesto ha il merito di portare sullo schermo un personaggio femminile completamente al di fuori degli stereotipi attoriali di fascino e bellezza. La telecamera pur non risparmiandoci nulla, dalla pipì alle caccole del naso, evita di infierire sul corpo, spesso in primo piano, in maniera morbosa.
Le molteplici scene di sesso che hanno fatto abbassare gli occhi a più di uno spettatore in sala e che hanno provocato anche la fuga di alcune spettatrici più che disturbanti sono grottesche.
Un film che prende e che lascia un segno, magari non per tutti ma finalmente, almeno, parliamo di cinema….
Per alleggerire un film tutto sommato di sostanza ci sta sempre bene una bella mangiata... Credo che a Roma lo conoscano un po' tutti ma ribadire non è mai peccato... Un bel pezzo di pizza bianca o margherita appena sfornata (ma la mattina hanno anche la focaccia di Recco) e pane in generale più tutta un'altra serie di prelibatezze... Io non me lo farei scappare...
Ponte Milvio 35 a Roma tel. 063333472.

martedì 8 giugno 2010

Another year

  • Martedì 8 giugno 2010, ancora il Nuovo Sacher per la Rassegna Canne a Roma
  • Perso il biglietto e non si trova nemmeno la locandina....

Seconda serata di Canne a Roma. Gran sfoggio di magliette a righe, il trend dell’estate tra la popolazione cinefila femminile del Nuovo Sacher. In sala il patron Nanni in camicia hawayana color giallino pallido. Nanni… comprati una Lacoste che la camicetta hawayana scolorita sarà pure di sinistra ma non si può guardare… residuato bellico del 1985.
La vera star è Monsieur Vieri Razzini, in completo di lino bianco, elegante, raffinato, sottotono.
Un mito… e invece il patron con quella camicia….
Ancora sotto shock per il filmaccio thai prendiamo posto.
Another year si snoda per quattro stagioni diligentemente snocciolate con l’abusato siparietto, gran dispiego di piano americano per due ore di noia che non riesce ad evolversi da una delle tante storie non storie raccontate ormai da tempo immemore.
Ecco… io ho ancora l’illusione che un regista (almeno un Mike Leigh) senta la necessità di fare un film perché ha l’urgenza di raccontare qualcosa e invece mi trovo di fronte ad una sceneggiatura inesistente, che avrebbe pure dei personaggi interessanti ma non viene sviluppata e non contiene un solo dialogo degno di tale nome. Non credo sia obbligatoria Suso Cecchi D’Amico per tirare fuori un copione degno di tale nome, quindi devo credere che ci sia l’intenzione di mettere in scena un cinema minore (ma non nel senso di mezzi), di un cinema che scientemente abbassa i suoi standard per diventare un’esperienza fine a sé stessa… non più la visione del film ma l’andare al cinema come unico scopo. Diventa chiaro come Another year si becchi quella fetta di mercato che disgustata dai blockbuster si dirige soddisfatta nel circuito Quattro Fontane, Mignon, Eden, Greenwich eccetera.
Ma torniamo al film che mi dicono essere il vincitore “morale” di Canne…
Secondo me Tim burton troppe se n’è fumate…
Pochi personaggi, nessuno dei quali scavato o delineato… figure bidimensionali di cui osserviamo gli stralci di vita nell’arco di un anno in cui praticamente non accadrà nulla. Senza inizio e senza fine. Dio santissimo io non ne posso più di questi film che finiscono a cazzo senza nessun motivo di esistere.
L’amica che era con me dice: “Ma se devo vedere ste cose…. Me ne sto a casa mia…”…
Noi invece ci partiamo da Roma nord per metterci in fila al Nuovo Sacher… saremo deficienti?
Uscendo dalla sala il cassiere mi chiede se posso affrettarmi perché devono entrare quelli delle dieci e mezza…
Dico “Poveretti… sarebbe meglio non farli entrare…”
“Ma perché è brutto?”
“Tra quello di ieri e quello di oggi…. Tra tutti e due….”
“Ma io ho sentito qualcuno che ne parlava bene…”
“Eh me sa che hai sentito male…”
Usciamo nella calda serata romana increduli per l’inutilità… il mio cavaliere azzarda la sufficienza… io invece dico: NO non se ne parla… per me non andiamo oltre il cinque.
E stasera mi sento anche molto generosa…

Abbinamento cinematografico: recuperate Naked con uno strepitoso David Thewlis, potrete godervi un Mike Leigh in splendida forma!