giovedì 24 maggio 2018

L'arte della fuga

  • Giovedì 24 maggio 2018, in sala dal 31 maggio
  • Anteprima presso la sala cinematografica del Centro Culturale San Luigi di Francia, ore 10.30

Tratto da un best seller americano ma lavato nella Senna, L'art del la fugue si mantiene in bilico tra commedia familiare e malinconia, in una Parigi che resta in disparte ma concede generosamente il suo respiro.
E niente, solo i francesi riescono ad avere questa leggerezza, questo registro un po' frou-frou anche se sono infelici, insoddisfatti e irrisolti.
Tre fratelli (che curiosamente si somigliano anche un po') alle prese con due genitori molto presenti, per non dire invadenti.
Antoine è gaio ma la cosa non fa notizia, thanks God. E' annoiato dalla sua relazione decennale ma non sa come sganciarsene.
Louis, quello con un successo professionale più evidente, vive a Bruxelles e mette le corna alla fidanzata con Mathilde, un'Irene Jacob fisicamente cristallizzata ai tempi della doppia vita di Veronica.
Gérard, che sembra il fratello minore di Benicio del Toro, si è appena separato ed è distrutto ma troverà conforto nell'accoglienza di Ariel, Agnés Jaoui alla quale gli anni che passano regalano charme e disincanto.
Le loro vite sono un curioso miscuglio di intromissioni e confidenze svelate, nessuno sembra volersi guardare veramente dentro, tantomeno crescere emotivamente ma la Vita ha in serbo per ognuno di loro un evento catalizzatore, davanti al quale le decisioni che hanno sempre rimandato reclameranno una scelta.
Regia molto naturale e intimista che riesce a regalare dei ritratti veri e molto umani. Una bella sceneggiatura che non lascia punti oscuri e trae il suo meglio da cose dette a mezza bocca e verità taciute.
Epilogo che lascia ad ognuno di essere sé stesso, nel bene e nel male.
Un film piacevole che difficilmente deluderà lo spettatore in cerca di storie delicate ed esenti dalla minima volgarità.


Come non abbinare al Centro Culturale San Luigi di Francia, magnifica libreria e centro dove a Roma in pieno centro ci si può godere un angolo di Francia. In Largo Giuseppe Toniolo, 20-22,  tel 066802626

martedì 22 maggio 2018

Loro 1 e Loro 2

  • Entrambi visti al Moderno The Space di Piazza della Repubblica, in date diverse.
  • Loro 1, sabato 5 maggio 2018, spettacolo delle 20 circa
  • Loro 2 sabato 19 maggio 2018 , spettacolo delle 16.50
  • Entrambi visti con Il Ballestrero, che ha anche sponsorizzato la visione.
  • Prima un caffè da Eataly, sempre in Piazza della Repubblica.



Un'opera che mastica storia e realtà per risputarla Arte, se qualcosa resterà di questo Cinema, Loro resteranno sicuramente.
Regia impeccabile, con più di un momento da gridare al Miracolo, per l'intelligenza della scrittura (da Dio).
Un mix geniale di verità sofferta e volgarità gratuita, un puzzle di circa sessanta milioni di tessere rivestite di uno specchio in cui non è facile guardarsi.
Sorrentino riesce a mantenersi sul filo di molteplici generi, contenendo il registro pur ammantandosi di una patina spavalda e debordante. Emozioni sulle montagne russe, ci si indigna e un secondo dopo si ride amaro, poi ci sente spiazzati e infine, unicamente, la sofferenza.
Quello che colpisce più forte non è tanto il ritratto di Berlusconi ma il Loro, un teatrino dei poveretti disposti al macello (carne da). Gente disposta a svendere qualsiasi valore per pochi o molti euro euro.
Il surreale intessuto nella trama restituisce ritratti agghiaccianti, al limite del grottesco, piacerebbe pensare che sia fiction, piacerebbe.
Mentre il primo film si concentra su tutta una serie di arrampicatori sociali di varia estrazione, il secondo entra più nel contesto berlusconiamo, regalando scene capaci stare in piedi anche da sole, su tutte la telefonata per vendere l'appartamento.
E in effetti alla fine B. non esce nemmeno troppo male, fa quasi tenerezza questo guitto cresciuto a pane e prima repubblica, convinto veramente di poter fare qualunque cosa.
Comunque bravo Scamarcio nella parte del viscido, intensa la sofferta  Kasia Smutniak in quella della maitresse, eccezonale Servillo, con un doppio ruolo per di più.
Splendida la villa in Sardegna e menzione speciale alla pecora, il cui simbolismo mi è rimasto osuro, almeno quanto il comprendere chi sia veramente Berlusconi. E chi è Dio.

Abbinamento con il giardino della Landriana. 
Un posto magnifico che nasce dalla volonta di una persona di portare bellezza in un territorio che prima del suo arrivo era spoglio e arido. Una natura meravigliosa che riconcilia lo Spirito e con la possibilità di fare le cose al meglio.








lunedì 14 maggio 2018

Escobar, il fascino del male

  • Sabato 12 maggio 2018, UCI Cinema a Porta di Roma, sala 9 (piena)
  • Varia umanità vestita a festa
  • Non ho visto la serie TV su Escobar e dopo aver visto il film voglio istituire la “Giornata Mondiale per l’Intuito che ti salva dal guardare storie orrende”.



Viviamo in un mondo allo sfacelo, dove la gente pensa che tutti i problemi siano legati ai cinesi.
Al mercato, sulle bancarelle, ci sono abitucci da quattro soldi con fogli A4 con scritto “merce prodotta in Italia”.
Ci si lamenta del traffico, si esulta per la Maggica, quelli che amano i 5 stelle litigano con quelli che non amano i 5 stelle, sfondando i cojoni a chi dei 5 stelle non interessa una ceppa di minchia, il tutto senza mai alzare la testa da telefonino.
Questa l’ho sentita realmente nello spogliatoio della piscina, donna sulla cinquantina parlando con l’amica dice: “No, cioè, che poi si capisce che lui ci tiene a me… ogni sera mi manda un cuoricino..”.
Ci troviamo in un momento particolare, la civiltà umana non aveva mai toccato un punto così basso.

Lungi da me l’idea di fare una morale, che già oltre trenta anni fa un grafologo, studiando la mia scrittura, decretò “tu sei amorale”, però, cazzo, se l’arte resta l’unico baluardo a guardia delle mura di un castello dove sopravvivono la cultura,  il valore della verità e della bellezza, perché il Cinema che dovrebbe far parte di quel meraviglioso conglomerato dovrebbe mettere in scena Escobar?
Che poi già l'aveva fatto Benicio Del Toro, con i suoi occhietti abbottati.
Cosa abbiamo fatto di male per meritarci di vedere sullo schermo la bruttura di certe persone e delle loro malefatte?
Ebbene ce lo spiega il sottotitolo: il fascino del male.
Sì, c’è chi è affascinato dalla prevaricazione, dalla violenza e l’ignoranza. 

Brevemente, Escobar è un narcotrafficante colombiano che arriva ad accumulare una tale fortuna da essere più potente del governo (quello della Colombia però, non quello degli Stati Uniti).
Le vite degli altri per lui non hanno nessun significato, chiunque, secondo i suoi parametri, non gli porti rispetto viene giustiziato senza pietà. Le carneficine si susseguono ad un tale ritmo che alla fine non le conti più ma i cadaveri accatastati formano colline di svariati metri al di sopra del livello del mare. L’essere straricchissimo non gli impedisce di fare una vita di merda come l’ultimo dei baraccati, visto che è sempre in fuga e circondato da trogloditi, muore a 44 anni, crivellato di proiettili.
In Colombia (e tristemente non solo lì) è considerato un mito, un Robin Hood sudamericano, benefattore del popolo.
Povera gente, i morti, gli assassini, quelli che celebrano il mito, poveretti tutti, in un declino della civiltà inarrestabile.

E passo al film, prodotto da Javier Bardem che all’inizio pensi abbia operato una trasformazione come quella di Robert De Niro in Toro scatenato, mentre poi ti viene il dubbio che sia proprio così.
Non disdegna di farsi vedere a culo nudo.
Vi giuro, un culo che nessuno mai vorrebbe vedere nella vita né tantomeno avere possedere tra gambe e schiena.
Avendo visto la versione doppiata in italiano mi pregio anche di sottolineare, come ormai tristemente spesso accade, un doppiaggio biascicato che, quello sì, avrebbe meritato una pistolettata a bruciapelo sulla nuca.
Nel prodursi il film, fortemente voluto, Javier ovviamente si sceglie come coprotagonista la moglie Penelope Cruz, in una parte altrettanto di merda.
Penelope interpreta Virginia, l’amante di Escobar, tutta un gesticolare tra vestiti, gioielli e capelli coiffati che cambiano colore ad ogni scena, un troione di alto bordo che non ispira nessuna simpatia.
Primi piani sui denti, sulla bocca, sugli occhi sempre truccatissimi, te le fa vedere così bene che non puoi fare a meno di chiederti come sia veramente senza le ore al trucco.
Vabbè comunque alla fine Escobar muore ma non lo considero un spoiler, visto che stiamo parlando de 'n fijo de na mignotta realmente esistito.

Per inciso, non che la Colombia sia mai stata una delle mete nella mia wish list però sicuramente ora mi verrebbe voglia di cancellarla dalle rotte aeree del globo terracqueo. Insomma non è che gli hanno fatto un bel servizio a quel paese.
Detto ciò mi viene pure in mente che sarebbe possibile comparare Escobar, il fascino del male a Loro 1 e 2, di cui vi parlerò nei prossimi giorni.
Entrambi non sono solo film su di un personaggio aberrante ma sulla massa pronta a vendersi per pochi (o molti) soldi. Del resto mi rendo conto che i telefonini hanno il loro costo, che farsi laccare le unghie con il gel comporta una spesa, così come acquistare articoli su Amazon e, ora e sempre, forza maggica*.


*Forza Maggica è una mera esigenza di scrittura, del calcio non me ne è mai fregato un cazzo.

Abbinamento con una bella serie TV: TRUST, che si svolge anche in Italia, sul rapimento di Paul Getty III e il suo orecchio tagliato. Probabilmente ne parlerò in seguito.