sabato 12 gennaio 2019

Cold war


  • Sabato 12 gennaio 2019
  • Cinema Eden di Piazza Cola di Rienzo, che pensavo l'avessero chiuso, invece era un altro che era proprio accanto e si chiamava proprio Cola di Rienzo.
  • Spettacolo delle 18.50, prima, spesa da Castroni. In sala con una busta carica di cioccolata, anacardi, tisana anice, finocchio e liquirizia e ben quattro lattine di latte di cocco.



A me sono sempre state un po' sulle palle le persone che tu gli dici:
"Andiamo sabato al cinema a vedere Il gico delle coppie al Giulio Cesare?"
E loro ti rispondono "Certo! Volentieri" Però perché non andiamo a vedere Cold war alle 18 e 50 all'Eden?".

Ebbene oggi sono stata io a deviare su Cold war, perché Il gioco delle coppie, visto in anteprima, ha avuto la capacità di generarmi l'irrinunciabile missione di diffondere la Verità, instillando in chiunque, se non la consapevolezza, il dubbio almeno, che si tratti una sfracellatura di cojoni di proporzioni ultragalattiche.
Di Cold war so poco ma ne sento parlare bene praticamente all'unanimità.
Per chi si scoccia di leggere dico subito che non mi è dispiaciuto, però, insomma, qualcosa da dire ce l'ho.

Seguono SPOILER  come se piovesse.

Siamo nel 1949, in Polonia. All'epoca in quei luoghi la vita era in bianco e nero.
C'è questa ragazza slava e pure slavata che fa breccia nel cuore di un musicista.

Lui decide di scappare a Parigi, lei non se la sente di seguirlo.
Passano gli anni e lei per vie traverse lo ritrova.
Lui non l'ha mai dimenticata, lei è la donna della sua vita (dire "è la donna della mia vita" è una delle frasi che porta più sfiga sul globo terracqueo, molto meglio dire sempre cose del tipo "mah, è solo una botta e via...".

Comunque niente, nel giro di pochi giorni la slavata si tromba sei volte in una notte uno dei migliori amici del musicista, fa un po' di scenate da pesciarola e poi senza dire nulla se ne torna in Polonia, anche perché era rimasta un po' male che pure Parigi era in bianco e nero.

Il musicista decide di seguirla.
Lo arrestano, gli squartano una mano e gli rasano i capelli.
Lei lo va a trovare e abbracciandolo gli domanda: "Cosa abbiamo fatto?".

Ecco, qui si apre un mondo...
Cosa abbiamo fatto?
Ripeto: cosa abbiamo fatto?

Avete presente quelle filastrocche con le rime creative co' tu madre e tu sorella e via a trascinarsi tutti i santi e la Madonna?
Bene, in quel momento il musicista, con la mano squartata, i capelli rasati (unico emblema di un fascino altamente ipotetico) non ha neppure un sussulto ma con la sola forza del pensiero, o meglio con la sola forza delle bestemmie multiple e articolate,  si carica di un'energia infinita, che lo fa tornare indietro nel tempo a generare il big bang.
Non risponderà quindi alla domanda ma diventerà causa della nascita dell'Universo e della vita su questa Terra.
IO, per non sapere né leggere e né scrivere, a quel punto ci avrei messo la celebre sequenza psichedelica di 2001 Odissea nello spazio. A colori ovviamente.


A sugellare la follia del genere umano lei gli dice: Ti aspetterò.
Cioé a Parigi l'ha tradito e abbandonato e in Polonia, in prigione per quindici anni, lei lo aspetta.
Senza tener conto del fatto che "ti aspetterò" porta sfiga almeno quanto "è la donna della mia vita".
E  infatti, manco a farlo apposta, per tenere fede a quanto dichiarato, si sposa e fa anche un figlio con un altro.
Riesce comunque a far liberare prima il poveretto, e senza indugio o tentennamento alcuno lo porta presso il rudere di una chiesa per officiare un matrimonio. che decide di onorare con l'immediato suicidio di entrambi.

La scena finale li vedrà metaforicamente seduti su una panchina, nella speranza che dall'altra parte ci sia una vista migliore.

Ho volutamente evitato di accennare al tema delle musiche popolari che deprimono ulteriormente la situazione.
Però, dai, non se ne può dire male di Cold war, sono stata contenta di vederlo.
E di risparmiare ad altri la visione de Il gioco delle coppie.

Dietro al cinema c'è un posto carino dove fanno le pinse, ovvero delle pizze un po' più coriacee.
10% di sconto mostrando il biglietto. La Pinseria di Prati in via Lucrezio Caro, 58 tel 066832068
Comodo e piacevole!














domenica 6 gennaio 2019

Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità

Venerdì 3 gennaio 2019
Cinema King, sala 1, abbastanza piena. Spettacolo delle 20.15



-Andiamo al cinema?
- A vedere cosa?
- Ci sarebbe The children act, con Emma Thompson al Delle Province ma mi hanno parlato bene di Capri Revolution, all'Admiral, che inizialmente avevo escluso, pensando fosse l'ultimo cinepattone di Boldi&De Sica, girato nell'isola campana...

Ma niente, o troppo tardi o troppo presto, non ci siamo, quindi facciamo una roulette russa con gli orari e scegliamo in base a quello che ci fa più comodo, ovvero le 20 e 15.
Tutto sommato il King è a un tiro di schioppo e Van Gogh potrebbe essere una buona scelta.

Mentre andiamo ci agghiaccia il sospetto che possa essere pesantissimo, che mezzo film possa in manicomio. Per un attimo ci pentiamo di non aver scelto Capri Revolution, ma non il vero film bensì la versione dell'immaginario cinepattone.
Ma ormai è fatta, troviamo pure parcheggio immediatamente.

Ci si lascia subito conquistare dalle immagini anche se sembrano girate con lenti bifocali. La parte inferiore dello schermo sempre un po' sovrapposta e sfocata quando è guardata con gli occhi dell'artista. Abbastanza fastidiosa la camera a mano, così come le musiche.

Se avessi il potere di indurre la sinestesia nei miei lettori potrei riuscire nella stupenda impresa di far loro percepire la colonna sonora attraverso un colore.
Ma se avessi questo potere lo userei davvero per far percepire un colore?
No, userei invece un atto fisico.
Sì, avete indovinato, la colonna sonora di Van Gogh è una martellata sui cojoni.
Ora io non dico che sarebbe stato meglio utilizzare le Gymnopédie di Eric Satie e nemmeno farcire tutto con pezzi rock o, peggio me sento, elettronici ma, cazzo, le martellate sui cojoni no.

Ma a parte questi dettagli il film è splendido, poetico e di grande ispirazione.

Willem Dafoe si concede in un'interpretazione immensa e totale, senza alcun eccesso pur impersonando un universo di emarginazione e diversità.
Un ritratto quasi pudico di un uomo in sospeso tra arte e visione, tra necessità della realtà e creatività incompresa e negata.

Julian Schnabel si occupa della trascendenza dell'artista che prende vita attraverso un afflato religioso che è fede, speranza e luce sopra ogni cosa, per diventare splendida comunione con la Natura.

La visione è un'immersione di grande bellezza e compassione, perfetta come primo film dell'anno.

Fantastici i comprimari, da Mathieu Almaric a Madd Mikkelsen, che riveste di nuovo la tonaca, molti anni dopo l'indimenticabile Le mele di Adamo.

Insomma io direi che senza troppi fronzoli o ricostruzioni da miliardi di dollari, Julian Schnabel porta a casa il risultato con passione e sensibilità e che in un'epoca dove tutto sembra andare alla deriva, senza speranza, è ancora bello trovarsi a vedere un film così. Dai, vanno bene pure le martellate, tutto sommato è un  prezzo accettabile da pagare.

E pensando ad un excursus su tutto il cinema che ha raccontato la vicenda di Vincent Van Gogh, io invece ricordo l'episodio "Vincent and the Doctor" del Doctor Who.

E comunque la cosa migliore è lasciar perdere i calendarietti e andare in un museo, evitando, per carità di dio, la Van Gogh Experience che toglie ogni piacere dell'Arte per ridurre tutto a pixel su un video.

L'accenno all'episodio del Dottor Who mi toglie dall'impasse dell'abbinamento.
Come non consigliare la serie?
Anche se brevemente ne avevo già accennato qui, non fa male ripeterlo.