lunedì 26 febbraio 2018

Il filo nascosto


 


ATTENZIONE SPOILERONE MAGNO CUM GAUDIO

Inizia bene il filo nascosto, una qualità di cinema superiore, sembra un film in bianco e nero e invece è a colori ma suadenti, tone sur tone.
C'è l'eleganza, la precisione nei gesti, negli sguardi, c'è il recupero pure dell'alta sartoria in un'epoca di industria cinese al ribasso.
Oggi diremmo che lui è uno stilista ma in realtà il personaggio interpretato da Daniel Day Lewis non ha frequentato l'Istituto Europeo per il Design, si è formato con ago, filo e passione forgiata da un lavoro duro e metodico.
Creare abiti è diventata una missione e un rifugio. Gli abiti a dire il vero sono brutti un colpo, non hanno nessun fascino, sono i prodotti di un artigiano eccezionale ed è impossibile infatti non rilevare che Mr. Woodcock sia quanto di più lontano ci possa essere da Valentino.

Ma vi racconto la storia, che è cosa assai  curiosa.
Mr. Woodcock che in italiano dobbiamo inevitabilmente tradurre con Signor Cazzodilegno (e avrei tanta voglia i chiedere a Paul Thomas Anderson cosa l'abbia spinto a scegliere questo cognome così specifico) si invaghisce di una cameriera che esteticamente sembra avere lo stesso pudore di una Joan Fontaine dei bei tempi. La ragazza non ci pensa due volte a lasciare la sua promettente carriera e a diventare la sua amante.
Amante... che sia l'amante lo intuiamo, perché proprio come in un film degli anni 50 non ci è dato mai sapere cosa accade veramente oltre la porta della camera da letto.
Possiamo solo immaginare.
E cosa immagina il Cinefilante, con la sua fervida fantasia?
Non mi immagino niente.
Il signor Cazzodilegno è quanto ci sia di più noioso sulla faccia di questa terra, oltre che petulante e isterico. Lei di contro è una scopa secca (da ora in avanti la chiamerò così) perennemente spettinata. Carica erotica tra i due protagonisti vicina allo zero assoluto, che ricordo essere - 273,15 gradi.

Ma dai, almeno ci sarà un'intesa intellettuale tra Cazzodilegno e Scopasecca?
No, manco pe' gnente, evidentemente l'unica cosa che hanno in comune è il legno, presente sia nel cazzo che nel manico della scopa.
Cazzodilegno dopo un po' si stufa ed è allora che Scopasecca prende sorprendentemente in mano la situazione, con gran stupore  dello spettatore che al massimo si aspetta un suicidio. 
Insomma Scopasecca va a raccogliere i funghi e gli prepara una zuppetta avvelenata.
Il sapiente dosaggio del fungo velenoso è calibrato non per una risoluzione definitiva bensì per per dolori atroci, ingestibile vomito e cacarella, brividi e dolori atroci.
Scopasecca asciuga il sudore sulla fronte di Cazzodilegno, lo accudisce come una badante consumata e lui come un omuncolo di mezza età, che necessita pù di personale di servizio che di una compagna, la sposa.
Poco tempo dopo però si rompe i cojoni un'altra volta ma Scopasecca è lì pronta con altri funghi.
Questa volta lui capirà il gioco perverso ma vi si sottometterà volentieri in nome della follia di entrambi.

Ma per amor del cielo, no Paul, no, proprio non ci siamo.

Sì lo so, non ho parlato del rapporto con la madre morta, del rapporto con la sorella complice e istigatrice, del filo nascosto, della splendida colonna sonora, di tutto il pippone sull'inversione dei ruoli tra schiavo e padrone... ma di fronte a tanta critica iperbolica non sapete il gusto di ridurre tutto alla strana storia di
Cazzodilegno e Scopasecca.

E arrivo pure a Daniel Day Lewis, bravissimo per carità, ma ci sta sfiancando da anni con questa storia che non vuole più recitare. Per me comunque resta sempre il tipo che lasciò tramite fax Isabelle Adjani, incinta di pochi mesi di loro figlio.

Doveva essere il cinema con "C" maiuscola, doveva riscattare tanta immondizia commerciale, mettere fine alle guerre e portare la pace nel mondo...  E invece la magnificenza della regia, la cura maniacale del dettaglio, la confezione simile a quella che Cazzodilegno dedica alla fattura delle sue creazioni si riduce a 50 sfumature di grigio estremo.


Abbinamento cinematografico con La ragazza del peccato, di Claude Autant-Lara del 1958 con una giovane Brigitte Bardot e un dolente Jean Gabin, due volti che meglio avrei visto (giocando al Fantacasting) nei ruoli dei due protagonisti de Il filo nascosto. Da recuperare.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

un po' me lo sentivo......
grazie per farmelo risparmiare.

a. d.n.

Il cinefilante ha detto...

Ma magari alla sua Signora piace, chi può dirlo!