mercoledì 6 gennaio 2010

A serious man

Martedì 5 gennaio 2010, Cinema Fiamma in via Bissolati

  • Ancora molta puzza in sala come quando visto Be kind rewind, ricordarsi di evitare per il futuro...
  • Pubblico adulto con alta percentuale di chirurgia estetica (che poi proprio estetica non è)...
  • Ad alcuni non è piaciuto... una coppia di fronte a noi ha detto ai loro amici: se la prossima volta che vi incontriamo e facciamo finta di non vedervi... sapete il perché!
  • Altri si sono limitati a gesti che mimavano due palle smisurate e sbuffando sonoramente..

Nelle mie innumerevoli vite precedenti sicuramente ce n’è stata più d'una in cui sono stata/o yiddish... questo ha fatto sì che apprezzassi il film dei Coen con un godimento simile a quello del cattolico che viene ricevuto in udienza dal Papa.

Datemi un film a tematica yiddish e io mi ci tuffo con un triplo salto mortale carpiato, certa di sentirmi come se fossi a casuccia mia, sotto le coperte in una notte di pioggia.

E in tutto ciò mi sono fatta pure una mia idea su che cavolo volessero dire i Coen in questo film...

Il serious man è un uomo senza qualità, il primo impatto lo abbiamo sul suo abbigliamento… i suoi pantaloni sono più corti almeno 15 centimetri di come dovrebbero essere…

Forse non è sempre vero che l’abito fa il monaco ma se ti vesti come un cretino è molto probabile che tu sia un cretino.

Galleria di personaggi fantastici nella loro fisicità ai limiti del grottesco... Apprezzabile la scelta di ricorrere ad attori praticamente sconosciuti e sicuramente un bel po' di milioni di dollari risparmiati per i compensi di George Cloney o Brad Pitt.

Persone come denti di un ingranaggio che non si cura dell’individuo a favore del massimo sistema, del flusso, della macchina compattatrice che tiene insieme un popolo che è al contempo simbolo.

Un protagonista che è professore di fisica e che parla del gatto Schrödinger…

Schrödinger per tentare di spiegare le sue teorie ha dovuto usare un gatto perché parlare di elettroni e fotoni è troppo astratto… fa lo stesso.. il risultato non cambia, la sostanza è che l’osservazione di un evento influisce sull’evento stesso.

Voi direte: “azzo peppe… ma mo’ questa ardisce pure di parlare di certe cose? Non le basta sproloquiare di cinema, inserendo quegli irritanti siparietti in cui parla dei beati cazzi suoi?”

Ebbene sì... è proprio così...

Dicevo... se l’osservatore influisce sulla natura dell’evento contribuisce alla creazione dell’evento stesso e il suo stato d’animo di fronte all’evento condiziona ulteriormente la situazione…

Non si tratta di magia ma di fisica quantistica e bisogna farene una ragione ragazzi miei...

Applicando alla nostra quotidianità tutto ciò succede che se osserviamo la nostra vita giorno per giorno in totale abbandono, lasciandoci trasportare da forze estranee al sè, il massimo sistema, il flusso, l’ingranaggio superiore ti lascia, esattamente come desideri, a bollire nel tuo brodo.

Un’educazione rigida ed esteriore e una religiosità ingombrante come quella ebrea, che fa del senso di colpa la sua pietra angolare, fanno il resto e il serious man è sempre più avviluppato in una spirale di fallimento che in realtà è solo il risultato della sua rinuncia alla vita, goccia in un oceano, trasportata dalle onde.

Ad aiutare gli altri non si fa male… ma in realtà nessuno aiuta il serious man che infatti scivola inesorabilmente nei gironi infernali che tanto abilmente si è costruito giorno per giorno nella sua vita…

Affrontata la questione “ma che volevano dire sti fratelli Coen?” passo alla mesa in scena di classe, densa di particolari gustosissimi e contemporaneamente minimalissima… All’ironia sopraffina e ai momenti di conversazione raffinatissima.

Probabilmente, comunque, l’essere ebrei o “non ebrei” è sostanziale nell’apprezzamento o disprezzamento di questa pellicola oppure, come dicono gli adolescenti del nuovo decennio “ma anche no…!”.


Se ve regge la pompa e vi va di tuffarvi nel mondo della fisica quantistica io consiglio un libro che per me è stato rivelatorio “Tutto è uno – l’ipotesi della scienza olografica” di Michael Talbot.

Sono certa che questo sarà uno degli abbinamenti meno apprezzati e che forse avreste preferito un posto dove mangiare un buon panino all’ora di pranzo… bè sarà per la prossima volta!



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