- Domenica 7 novembre 2010, Cinema Mignon di Via Velletri
- Sala piccola discretamente piena
Un film del tutto visivo al quale si assiste affascinati da quadri che scorrono restituendo immagini suggestive e malinconiche, capaci di restituire ambienti, paesaggi e personaggi senza bisogno di parole.
Lasciate i bambini a casa però, che di certo rimarranno delusi, abituati come sono a ben altri ritmi frenetici.
Il soggetto di Jacques Tati (e io sono dell'opinione che c'è sempre un motivo se non è stato portato in scena all'epoca) è piuttosto tristo e lungi dall'essere delicato come potrebbe apparire ad un primo sguardo.
Artista squattrinato si ritrova a prendersi cura di ragazzetta incapace di comprendere le difficoltà materiali ma bravissima a pretendere abiti e accessori all'ultima moda. Io l'avrei presa a sberle.
Quando finalmente troverà l'amore questo paterno pigmalione la lascerà al suo destino, non senza, secondo me, aver tirato un sospiro di sollievo.
Di contorno personaggi sul baratro tra chi tenta il suicidio e chi si riduce all'accattonaggio.
Non ci si annoia ma nemmeno si esulta per il risultato complessivo.
Il cinema deve funzionare come tale e non solo per le immagini o per il ricordo di Tati.
Abbinamento cinematografico con l'opera completa di Hayao Miyazaki che riesce ad animare le sue creature con una grazia e una fantasia fuori dal comune...
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