venerdì 13 giugno 2008

E venne il giorno

  • Giovedì 12 giugno 2008, Cinema Savoy, Via Bergamo, 25
  • Su un totale di una cinquantina di persone ero l’unica donna presente in sala…

Visto nella sala 2 del Savoy che per arrivarci devi fare 5 o 6 chilometri di strade e cunicoli però alla fine sei felice perché ha uno schermo bello grande e la struttura ad anfiteatro di largo respiro.

M. Night Shyamalan continua con strabiliante coerenza a farsi portavoce di forze che poco hanno a che fare con la fisica tradizionale. E già solo per questo io l’adoro.
Le sue storie ci mostrano supereroi quotidiani, sirene rivelatrici, alieni che si annunciano tra cerchi nel grano, fantasmi che convinono con noi senza che li vediamo… fioche voci nella tempesta di una Cassandra che viene bollata come favolistica, inspiegabile e per molti insopportabile.
E venne il giorno, titolo orrendo da spaghetti western degli anni 70, si gioca subito il nodo centrale: ci sono eventi della natura che non riusciremo mai a spiegare.

Chi si aspetta un thriller, un film di azione rimarrà deluso prché questi elementi sono presenti ma stranianti e fuorvianti, tenedenti a generare un malinteso nei confronti dell’avventore che reclama un catastrofico all star dal consolatorio lieto fine.
Non ci troviamo di fronte ad uno di quei film che quando esci non vedi l’ora di chiamare gli amici per dirgli “non puoi capire che ficata! Vai a vederlo subito perché è fantastico!”, si rimane con un vago senso di disagio provocato dal fatto che le “regole” sono sovvertite… Non ci sono nemici da combattere a parte noi stessi... e gli esseri umani sono solo sgraditi ospiti che vengono messi alla porta.
Non posso dire che sia il masterpiece nella produzione di M. Night ma mi allineo alla sua visione e comprendo la strada impegnativa che ha imbroccato… ad iniziare dalla scelta di usare un’unica star di richiamo (che per me poteva restare a fare il modello per Calvin Klein) più tutta una serie di facce che potrebbero essere quelle che incontri quando vai a fare la spesa al supermercato… fino alla necesstità di spogliarsi da ogni elemento di distrazione a livello di intrattenimento classico.
Per i telefilm dipendenti di vecchia data come me, segnalo la presenza della madre adottiva della Famiglia Bradford "Abby" nel ruolo della vecchia pazza. Porca miseria gli anni passano senza pietà!
Vabbè ma alla fine cosa ci vuoi dire? Direte voi… A' Cinefila' sto film ti è piaciuto o no?
Dai sì, mi è piaciuto ma senza esagerazioni e lo consiglierei solo a pochissime persone tra quelle che conosco.

L’abbinamento di oggi lo faccio con il mio vivaio di piante grasse preferito: Si chiama CACTUS si trova in Via Appia Antica, 27 tel. 065138544 ed è curato da un esperto conoscitore siculo, il Sig. Gaetano Palisano. Potrete trovare cactus rari tra cui splendidi esemplari di Euphorbia Obesa. E e le tratterete bene queste piante non vi faranno alcun male!

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi compiaccio della recensione, nonché del magnifico abbinamento col negozio Cactus!
Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità di esecuzione!
Kneeling before you,
Ballestrero

Il cinefilante ha detto...

invito chi sta leggendo a collegarsi al ballestrero e a leggere la recensione fatta da lui su questo film.. siamo ai massimi livelli!

Anonimo ha detto...

Ringrazio Cinefilante per la visibilità concessa, è sempre un piacere quando simili scambi avvengono dalla stessa nuvola del medesimo Olimpo.

tenente Drogo ha detto...

un film che pochi saranno in grado di apprezzare
coraggioso nello spiegare e non spiegare
inquietante
di piu' non vorrei dire per non rovinare la visione a chi non l'avesse visto
Nico

Il cinefilante ha detto...

temo che comunque non l'andranno a vedere in molti perché il passaparola alla fine funzionerà più del trailer... credo che vada "inserito" nel percorso del regista per essere apprezzato pienamente, anche se io sono la prima a dire che un film (un'opera) deve funzionare indipendemente... comunque la regia non si discute! M night shyamalan è bravissimo!

Anonimo ha detto...

Ci siamo dati tutti appuntamento al Giacomini, sala 1. Prima però Nicola ha voluto prepararci con una lezione sull'escatologia, il catastrofismo, le apocalissi apocrife di baruc e i ducktales di zio paperone (perché forse non lo sapete, ma Nicola ha fondato un circolo culturale sito nel suo garage, tra la ritmo 60 e gli scaffali delle conserve dei pomodori, e lì guardiamo film, parliamo di cinema e di cultura). Così, dopo un equipaggiamento di erudizione dal sapore zoroastriano alla carbonara, io, Nicola, sua moglie Marisa, il figlio Carmelo, insieme al nonno e a Rosaria la tabaccaia delle Castella abbiamo trasportato i nostri corpi, le nostre anime e i nostri pop corn a vedere “...E venne il giorno”. Nel film c'è della gente che all'improvviso comincia a parlare fuori sincrono come ghezzi e poi si ammazza nei modi più assurdi, facendo prima attenzione, però, a farsi riprendere dall'i-phon della suocera.
Le ipotesi di tali inspiegabili suicidi di massa:
1)un attacco terroristico ordito da una cellula armata facente capo a uno mattina, dove la qualità del linguaggio è di poco inferiore a quella degli aspiranti autotrapanatori di carotidi fuori sincrono;
2)si preannuncia una nuova edizione di amici di maria de filippi;
3)i vegetali si sono stufati di averci tra i piedi e sventolano delle sostanza che fanno partire la brocca;
4)m night sha... shallala..., hem, quello che ha fatto il film si è dato, e ha lasciato la troupe senza un copione e soprattutto senza un regolare contratto, e allora “io c'ho le rate del frigo”, “io c'ho il mutuo”, “io tengo famiglia”, “io me vergogno de sta qui”, e uno alla volta tutti hanno compiuto l'insano gesto.
Tutti, tranne un professorino che chiede agli alunni che fine hanno fatto le apette, e la sua tipa, che aveva gli occhi talmente assatanati che ti credo che sono scappate pure le apette. E una ragazzina. Nicola sostiene che il senso del film non va ricercato nella truculenza autodistruttiva delle soluzioni adottate dai vari personaggi, o nelle ipotesi deterministiche dell'estinzione, o nel messaggio ecologistico-filosofico della vicenda. Il senso più profondo del film è distribuito in quattro elementi cardini che elenco qui di seguito:
1)la casa di plastica, con le cose di plastica e le piante di plastica
2)la casa che rimane chiusa, il cui proprietario, dal di dentro, spara in testa a dei ragazzini
3)la casa della vecchia sbroccata con la bambola sul letto che poi prende a capocciate la casa stessa
4)l'assenza “visiva” di m night sha... shallala..., hem, quello di cui al punto 4 omonimo ma non omologo, che a differenza degli altri suoi film non si vede, ma sta al telefono con la spiritata dagli occhi a palla.
In relazione al punto 1 nicola ritiene che il luogo dove cercano riparo i fuggiaschi è fittizio, sterile. Il professorino a un certo punto si rivolge quasi in preghiera ad una pianta, che però è di plastica anch'essa. PRIMA LEZIONE: l'umanità si autodistrugge perché ripone le sue speranze in cose finte, che non hanno valore. Sul punto 2 nicola individua una metafora della chiusura che ha l'uomo verso il prossimo. SECONDA LEZIONE: l'umanità si autodistrugge perché le unità che la compongono sono ostili ad ogni apertura verso i propri simili. Il punto 3 è stato più complesso da formulare e capire. In sostanza, l'unico luogo dove i tre trovano riparo è un ricettacolo di follia e solitudine, dove l'accoglienza è familiare e al tempo stesso austera. TERZA LEZIONE: l'umanità si autodistrugge perché la famiglia è cannibalizzata da inquietudine, solitudine e tante altre tùdini, tanto che finisce per abbattere se stessa a capocciate (era più o meno così).
Da queste prime tre lezioni io ho capito:
1)le cose finte fanno male, e pure i piatti in polietilene se ci metti i cibi caldi, meglio quelli di coccio;
2)se si è chiusi verso il prossimo si crea sofferenza: ecco perché quando ho provato ad approcciare una tipa un po' “chiusa” mi sono ritrovato mezz'ora dopo al santa maria goretti con diverse ecchimosi e un incisivo estromesso dal sua habitat naturale;
3)la cosa della famiglia cannibale mi fa un po' senso, ma vi assicuro che certe volte, a casa di nicola, perfino i broccoletti tenterebbero il suicidio.
Sul punto 4 ancora non mi sono espresso. Ebbene, nicola ritiene che proprio questa “assenza visiva” dell'autore sia il vero deus ex machina. E qui, da bravo affabulatore, che ha il senso dei tempi drammatici, non ha aggiunto altro, ha lasciato tutti noi con la perplessità di una verità oscura, profonda, inconoscibile. Perché m night sha... shallala..., hem, quello là, in questo film è assente? Dov'è? Perché parla al telefono con la spiritocchiappallati? Perché ci ha lasciati soli, con i tormenti della verità, con il terrore dell'estinzione, con le oscure parabole del più primitivo nucleo societario della razza umana, la famiglia?
Spegniamo la luce. E ci dirigiamo in silenzio nel sottoscala. E dal sottoscala al corridoio. Ci salutiamo, consapevoli che un seme di conoscenza è stato piantato nelle nostre menti, e che la linfa del sonno lo nutrirà fino a farne concetto, formula, sapienza. Deus ex machina. Può essere mai che il tizio dal nome impronunicabile, peggio dell'elohim ebraico, si sia portato a distanze siderali dall'umanità e da lì abbia scelto l'oracolaocchisparatidifuori per parlare all'uomo? O magari che non sia semplicemente scappato con le apette?
Intanto anche Carmelo, da giovane mente plasmabile, ha tratto dalla storia la sua piccola lezione. E l'ha messa subito in opera: ha ritrovato uno strano costume da carnevale e si è travestito da bambola, piazzandosi sul letto del nonno. Il quale, alla vista dell'orribile pupazzo si è messo a correre fuori, al buio, e ha dato una capocciata al platano. E' stato in come una settimana.
Poi dicono che non sono le piante a uccidere l'uomo.
Un saluto da bedlam