mercoledì 19 gennaio 2022

Tre piani

Niente, succede che a volte io inizi a scrivere una recensione su Word, poi magari salta la corrente perché il forno e phon fanno zompare tutto, quindi anche il computer. Magari due mesi dopo riapro Word, che devo scrivere una cosa che non c'entra niente e mi si apre questo "file recuperato".
A me mi fa tenerezza sta cosa che un computer spento si tenga per due mesi in memoria un file che manco avevo salvato e quindi oggi mi ritrovo il file recuperato di Tre piani, un film che mi ha lasciato abbastanza indifferente. Comunque...

  • Martedì 4 novembre 2021 spettacolo delle 19.10
  • Cinema Eden, in sala 5, ricavata da un mezzo corridoio e un terzo di sgabuzzino.


 

Oggi inauguro quella che diventerà una nuova consuetudine, condensare il succo del film in una frase, possibilmente breve.

Tre piani in una sentenza:
Condominio di tre piani nel quartiere Prati a Roma si rivela coacervo di rogne agghiaccianti.

Inizia a bomba, si capisce subito che sarà senza pietà.

Ma divaghiamo, che è piacevole.
Prati è uno dei quartieri più grandi a Roma, una città nella città, con tante identità.
C’è il Prati dei villini liberty, quello dei palazzoni a nove piani, c’è Cola di Rienzo (dove c’è Castroni), i confini del Vaticano e anche alcune parti che per me sono lugubri, cupe, come se fossero rimaste invischiate in un passato oscuro.

In questo caso, trattandosi di soli tre piani siamo ovviamente in un Prati radical chic, dove le donne portano ancora il twin set grigio e il filo di perle della nonna.

Quella stessa nonna che probabilmente ha lasciato loro in eredità l’appartamento in Prati.
Non parliamo di appartamenti grandissimi, un cento/centodieci metri quadri.

Ma ad avvecceli a Prati!

Appartamenti ben arredati, senza cafonate eclatanti e sfarzose, tutto è in tono col twin set.
Solo due bagni, dettaglio che per me è dalle parti dell'imperdonabile.

Nel secondo bagno dell’appartamento dove vivono Nanni Moretti e Margherita Buy, fredda coppia di giudici, non solo in cassazione ma anche nella vita emotivo/familiare, scorgo un dettaglio che mi fa rabbrividire.
Le piastrelle del bagno sono di finto mosaico, 20 X 20 con finte tesserine che simulano il certosino lavoro di un mosaicista. Roba da 6 euro e 90 in offerta da Leroy Merlin.

Una cosa orribile, inqualificabile, si può, davvero, in Prati, la finta piastrella di mosaico?

In molti starete frugando nella memoria “Ma io mica me lo ricordo sto bagno demmerda…”.

In effetti si intravede al massimo due secondi, quando Nanni Moretti riesce ad uscire dal bagno, dove l’ha rinchiuso il figlio.

La storia di queste quattro famiglie, su tre piani, è originariamente un libro che io non ho letto.
Mi dicono che il libro sia molto bello ma che l’autore ha pure fatto di meglio.
In particolare sembra sia molto bello L’intervista.

Tre piani sì,  bello bello sto libro, ma poi alla fine non se lo ricorda nessuno, tanto che è difficile riuscire a capire quali siano le differenze con il romanzo.

Una coppia di giudici ha questo figlio, che uccide una donna mentre è ubriaco alla guida.

Il padre non lo vuole più vedere, la madre invece è una seguace della celebre filosofia meroliana "i figli so’ piezze e core", quindi vorrebbe mantenere i rapporti. Ma è proprio il figlio che non ne vuole più sapere.

Poi c’è la coppia Scamarcio/attrice sconosciuta, con figlioletta piccola, molto spesso lasciata a casa dei vicini anziani.
Una sera il vicino anziano esce per una passeggiata con la bambina e si perdono in un parco, che poi mi devono spiegare dov’è sto parco in Prati.
Scamarcio è ossessionato dal fatto che la figlia possa aver subito degli abusi.
Che poi mi devono pure spiegare perché gli abusi potevano avvenire solo la sera nel parco e non a casa del vecchio, dove veniva lasciata sempre.
In questa ossessione trova il modo di zomparsi la nipote del sospetto pedofilo, in una personale rilettura del celebre chi è senza peccato scagli la prima pietra.
La famiglia si sfascia, Scamarcio viene processato, il vecchio muore.

Nel frattempo sono passati dieci anni e la figlia, tra un saggio di danza e un viaggio in Spagna, non sospetta nulla di quanto sia successo.
Scamarcio trova il coraggio di chiederle in maniera diretta se effettivamente è stata molestata e lei gli fa: "Ma che sei matto, ma proprio no… Ma come ti viene in mente?".

Alba Rochwacher invece è pazza e dopo il parto la cosa si acuisce.
Il marito è un Adriano Giannini, che ha assunto la fisionomia di un attore degli anni 50/60, con quel non so che di solido e affidabile.
La neomamma vede cornacchione nere in casa e vive in solitudine. Anche sua madre è come lei e la conclusione è che pure la figlia sarà così.
Il medico al quale si rivolge le dice: “Stia tranquilla la patologia di sua madre non è ereditaria…”.

Alla faccia della non ereditarietà della patologia mentale…. Cioè qui sono segnate tre generazioni!

“Ma io vedo uccelli neri… Ho paura…”
“Ma no stia tranquilla…”.

Alla fine abbandona i figli e se ne va da sola.
Del resto doveva stare tranquilla.

Ma torno alla coppia Moretti/Buy.
A dieci anni dall’incidente, del ragazzo si sono perse le tracce, il padre è morto e Margherita Buy si trova da sola in questo attichetto con ben due terrazze, che decide di vendere, secondo me per via del bagno col finto mosaico.

Mentre porta a un centro di raccolta i vestiti e le scarpe del marito, magicamente incontra un uomo, diciamolo, un po’ invadente, che si scopre essere il novello suocero del figlio ubriacone e assassino. Accipicchia che coincidenza! È proprio vero che Roma è un paese!

L’uomo insiste per portare Margherita a fare una gita fuori porta.
Per un attimo penso ad un maldestro tentativo di seduzione in un bed&breakfast nei dintorni di Bracciano, (dico Bracciano perché due tizie davanti a noi, che non hanno mai smesso di parlare, hanno identificato con certezza assoluta la zona), poi però intuisco subito che ha qualcosa a che fare con il ragazzo.

L’incontro però non va come sperato, la riconciliazione sembra impossibile perché al figlio, uscito dal gabbio e diventato apicoltore, glie rode ancora.
Cioè, non è che glie rode perché ha distrutto la vita di una persona, commettendo un omicidio in stato di ebbrezza ma perché i genitori avevano aspettative troppe alte per lui.
Altro che aspettative... Ti dovevano crescere a legnate, ragazzo mio,

Margherita Buy però capisce che comprandosi finalmente un vestito a fiori può risolvere tutto, la sua vita, il rapporto con il figlio e forse anche le guerre e il problema della fame del mondo.

E sconvolgentemente è proprio così, ha ragione lei.
Appena il figlio la vede con questo costoso abito di boutique dalla fantasia primaverile, le fa un sorriso, come a dire: "Ohhh finalmente… Prima ti vestivi come una suora laica in missione in Kazakistan… Ora possiamo fare pace!". Inoltre il giovine sembra essersi ravveduto perché invia vasetti di miele al marito della donna che ha falciato proprio sotto il condominio di Prati.
Del resto mi sembra più che equo questo scambio.
Preciso, in quest'epoca di grandi misunderstanding, che sto facendo dell'ironia.
Oltretutto magari si trattava di un comunissimo Millefiori.

Riassumo:

Scamarcio e la moglie, una vita distrutta.

Moretti/Buy, una vita distrutta.

La coppia Rochwacher/Giannini, una vita distrutta.

A chiudere la vicenda di questo sfigatissimo condominio di Prati, un corteo di gente che balla il tango per strada.
Sì, il film finisce così, musica e ballo.
Eh lo so, mi dispiace, questo spoiler è un colpo basso.

Ora io comprendo che, così come non possiamo più pretendere che Carlo Verdone faccia ancora Borotalco, non possiamo nemmeno pretendere che Nanni Moretti faccia cose e veda gente, che prepari gli studenti per la maturità o che stia ancora in mutande dietro un maxi bicchiere di Nutella.
O a parlare in maniera sublime della struttura dei dolci, di come mangiarli, di come non si scava il tunnel nel mont-blanc… Grandi verità, indimenticabili.

Però ecco io auspicherei almeno l’ardire e l'ardore di una sceneggiatura originale, al posto del best seller israeliano.

Comunque bello il condominio di tre piani a Prati.

 

Abbinamento con una serie Tv Succession, di cui al momento sono uscite tre stagioni. Le avvincenti avventure della famiglia di Logan Roy,  magnate dell'alta finanza, dei media e dell'informazione. Spietato, ironico, drammatico, insomma come dire che è sempre più frequente trovare qualcosa di meglio nel mondo dei serial invece che al cinema.

domenica 16 gennaio 2022

Matrix Resurrection

  • 9 gennaio 2022, Cinema Uci Porta di Roma, spettacolo delle 18.15, però inizia dopo circa venti minuti di esasperante pubblicità.
  • Sala Imax, in fondo a sinistra

 

OK, Matrix Resurrection. E iniziamo bene questo 2022, cazzo!

Scegliere di vederlo in una sala Imax, vuol dire non solo che si vede bene, ma che si vede bene bene bene e si sente anche meglio.
Per soli 2 euro e 50 in più si è di fronte a un vero spettacolo e alla certezza che il cinema come luogo fisico abbia ancora qualcosa da offrire.

Come scrivevo in una recensione misteriosamente scomparsa del primo episodio, Matrix è il film perfetto e hanno dovuto concepire ben due sequel per rovinarlo.
Arriva però un nuovo capitolo che si spinge ancora più in là nel cercare di solleticare la coscienza, per chi la percepisce ancora.

Neo (che tragedia gli anni che passano) è un creatore di videogames, sotto psicofarmaci, semi imbalsamato e con lo sguardo assente, insomma sta una merda.
Ha inventato Matrix, un gioco pazzesco e amato da tuti. Si capisce che la trilogia del gioco è praticamente la trilogia dei film.

Lì per lì resto un po' male... Ma come?
Me la vogliono buttare sul videogame, con un Neo dalle pupille vitree? E invece no, i minuti passano in una sequela di ironia, di citazioni, di denuncia sociale, di grande presa per il culo. Il tutto è sovrastato da i soliti combattimenti e scariche di proiettili eppure questa volta Miss Wachowsky si spinge abbastanza in là nel mostrare la sua teoria sull'universo in cui viviamo e su come stiamo messi (male).
Dico subito che ci sono alcuni punti oscuri... Primo su tutti, perché Neo è di nuovo nella sua capsula, intubato e parassitato dalla matrix?
Avevo il progetto di riguardarmi i due sequel ma dopo dieci minuti mi sono addormentata in preda alla noia, quindi tant'è, decido che la Resurrection deve stare in piedi da sola con le sue gambe e, dai sì, ci riesce!

La domanda che mi hano fatto in molti è: "Ma vale la pena andarlo a vedere?".

La mia risposta è sì, senza dubbio.
E si potrà scegliere se guardare un film di fantascienza, realizzato con profusione di mezzi o se vedere la metafora delle nostre vite allo sbaraglio.
Sicuramente non si uscirà dalla sala con una necessità di cambiare qualcosa di sé ma, dio santissimo, quando mai un film ha cambiato qualcosa nelle nostre vite?

Ci sono comunque un sacco di momenti gustosi, il gatto deja-vu, gli esseri umani proiettili, l'amore che vince sull'oblio, i vestiti stupendamente sgargianti del "nuovo" Morpheus e i deliziosi programmi senzienti. Nel panorama di consueta nullità, anche solo questo vale la visione, quindi fare voi!

Abbinamento con un bel vivaio in via Topino, dove spesso la domenica organizzano anche un mercatino sfiziosissimo: Bambusa Garden, appunto in Via Topino, 13/A, tel. 068554955. Fateci un salto, anche solo per rinfrascare lo spirito!

PS Ho trovato la recensione perduta di Matrix e quindi la includo qui a futura memoria.

Matrix è un capolavoro e come tale va visto più volte, comunque a scadenze regolari.
Cinematograficamente è uno spartiacque così come per la musica fu "Video killed the radio stars", che ci traghettò senza che nemmeno ce ne rendessimo conto negli anni Ottanta.
Ma la grandezza di Matrix non è solo cinematografica bensì nella sua visione sociologica, di inquietante sovrapponibilità a quella attuale. Il tutto con una costruzione concentrica, come di gironi infernali, che ne consentono diverse leggibilità a seconda di quanto si voglia vedere o capire.
In matrix non ci sono sbavature, il prodotto è talmente perfetto che hanno dovuto concepire ben due orribili sequel per cercare di offuscare il valore di quest'opera.
E purtroppo ci sono riusciti, perché per la maggioranza è difficilmente scindere l'uno dagli altri.

Ma noi stasera ci accontentiamo del primo e unico Matrix, ci nutriamo dalla fonte e non da chi ha vinto l'appalto per l'imbottigliamento delle acque, beviamo dalla sorgente avidamente, il film l'abbiamo visto svariate volte ma stasera non ci lasciamo sfuggire una battuta e ogni cosa sembra diversa, come se finalmente avesse fatto effetto la pillola del colore giusto.
E quante belle situazioni, quante verità... come quando, buttato lì nel dialogo, Morpheus spiega a Neo che alcuni sono talmente legati a Matrix che anche sapendo cosa è realmente si batterebbero per difenderla.
E quale interessante spunto il fatto che, se sei schiavo di qualcuno o di qualcosa senza saperlo, non ci pensi nemmeno a ribellarti.
E poi l'oracolo che ti dice solo ed esclusivamente quello che ti vuoi sentire dire, perché sei solo tu che puoi trovare in te stesso la verità e la volontà, perché "l'importante non è conoscere il sentiero giusto, l'importante è percorrerlo".
Piccole grandi squisitezze disseminate qua e là come se già non fosse abbastanza epocale l'impresa di rinnovare l'immaginario cinematografico attraverso un'iconografia destinata a sostituirsi per sempre a quella passata e, per il momento, a quella futura.
Di fronte a ciò non importa se Keanu Reeves è sempre un po' smorto o sottotono rispetto al cinico gay di "My own private Idaho" (che mi rifiuto di chiamare con l'orribile titolo italiano di Belli e Dannati), se Carrie-Ann Moss è pure lei un po' freddina, quando del resto c'è Lawrence Fishburne a compensare il tutto.
Insomma a 8 anni dalla sua uscita Matrix rimane un caposaldo della fantascienza e del cinema e non ci si crede che sia nato dalla mente dei frateli Wachowski. Voglio dire... Sono gli stessi Bound, torbido inganno, un filmaccio che ha l'unico pregio di avere come protagonista Gina Gershon.
Ma come è possibile?
L'unica spiegazione è quella di un'illuminazione divina, che tre l'altro, tristemente, non si è più ripetuta...