domenica 9 dicembre 2018

Bohemian Rapsody

  • Sabato 8 dicembre 2018
  • Cinema Moderno The Space in piazza della Repubblica
  • Spettacolo delle 21,10 (iniziato almeno 40 minuti dopo), sala (non mi ricordo che numero) piena.

C'erano veramente mille motivi per avere qualche dubbio su Bohemian Rapsody, ne esprimo solo uno...
No dico, ma come fai a trovare un attore capace di interpretare Freddie Mercury?
Ebbene l'hanno trovato.
Quando seppi che avevano scelto la faccia spiritata di Mr. Robot Rami Malek mi ha preso un accidente pari a quando annunciarono Daniel Craig nella parte di James Bond.
Su Daniel Craig mi sono ricreduta e pure su Rami Malek.

L'inizio è travolgente, senza tanti preamboli ci troviamo a seguire Freddie Mercury che sta per entrare in scena sul palco di Wembley per il Live Aid.
E forse solo chi ha vissuto quell'evento con la passione e l'entusiasmo di quegli anni riesce a cogliere un David Bowie abilmente celato dietro un microfono e  un giovane Bono Vox che scende le scale.

Tra questo momento e l'esibizione vera e propria ripercorriamo i momenti salienti della vita di Freddie Mercury, in un tripudio di parrucche, baffi, velluti, broccati, gatti e tutine di lycra attillate.

Si resta a bocca aperta per la ricostruzione degli ambienti, per la somiglianza degli attori con i membri della band, si rivivono i tempi andati, i loro e i nostri.

La storia dei Queen la conosciamo, è stato detto tutto e tutto è documentato anche e soprattutto nello splendido documentario BBC in due parti Days of our lives, ma non è questo il punto.
Il punto è che non ci è ancora andato giù che Freddie ci abbia lasciato soli su questo pianeta, senza la sua arte e la sua libertà spavalda e irriverente.
E dunque durante la visione si crea una strana situazione, pur conoscendo la Storia, si vorrebbe che le cose andassero diversamente, che finisse in maniera diversa.

E alla fine, anche se quei venti minuti di Live Aid, sai che sono attori, che è tutto una messa in scena, resta comunque uno spettacolo meraviglioso.

Ti chiedi quant'è strana la mente degli esseri umani che si commuovono e piangono per la finzione di fatti del passato in un film, ma poi la visione ti trascina in modo tale che non ti interessa nemmeno più chi è a cantare quei vecchi brani in uno stadio.

Il momento è magnifico, a leggenda rivive e emoziona il pubblico. Impossibile avere anche una minima idea di cosa abbia provato chi si è trovato veramente lì, in quel momento.

E nel frattempo ti chiedi se piangi per lui, per te o per la musica, capace di trascendere il tempo e lo spazio.

Infine ti dispiace anche un po' per chi ascolta musica di merda e sticazzi che i gusti non si discutono, perché lasciatemelo dire, basta accendere una radio per sentire musica di merda.

Va bene, il film è da vedere, da godere, da non perdere, come ovviamente la discografia completa della band.


Sarebbe logico abbinare ad un brano dei Queen ma sempre restando in tema di Live Aid vi propongo questa splendisa versione di Against all odds in cui Phil Collins prende anche una stupenda stecca col pianoforte (circa al minuto 1,04), immenso.






lunedì 5 novembre 2018

Penultima data del tour mondiale di Valerio Lundini

  • Sabato 3 novembre 2018
  • Parioli Theathre Club in via Giosuè Borsi, 20
  • Posti in piedi. 


C’era una volta un blog di recensioni cinematografiche folli, divertenti e intelligenti, era il blog di Valerioexist.
Un brutto giorno però uno pseudoregista italiano s’incazzò terribilmente per una recensione sul suo filmaccio e lo minacciò con cose del tipo “Te vengo a cerca’ sotto casa!, “Te faccio un culo così!” e così via, in crescendo.
E niente… Valerio fu costretto a chiudere i battenti e io a chiedergli l’amicizia su Facebook.

Già all’epoca per me era chiaro che sarebbe emerso dall’inutile massa di pomposi e arroganti scribacchini del web, che aveva il quid, insomma che era un’Artista.
Ogni tanto ci provavo ad andare a vedere uno dei suoi reading o dei suoi concerti con i Vazzanikki ma Roma, lo sappiamo, sa essere impietosa per distanze e traffico, poi magari un altro impegno, la pioggia, una tremenda inondazione, le cavallette! Non è stata colpa mia! Lo giuro su Dio! 

Questa volta però non potevo mancare “Penultima data del Tour mondiale”, il 3 novembre al Parioli Theathre Club, il fu Teatro Parioli.

Decido di andare, a qualunque costo.
Guadagno il Parioli in pochi minuti e parcheggio in via Fauro, ma non via Fauro vicino al teatro, via Fauro lontano lontano.
Cammina cammina, fnalmente arrivo e trovo una lunga fila fuori.
Mi incolonno diligentemente, cullata da un bell’effluvio di Maria, pure di una certa qualità.
Dietro a me due ragazzi parlano di un certo Stephan, forse finlandese, un vero matto pare.
Finalmente è il mio turno e la cassiera al botteghino e mi da l'agghiacciante notizia: “Spiacente, solo standing!”.
A qualunque costo avevo detto.
OK vada per il posto in piedi.

Entro e ritrovo tanti ricordi, le serate a vedere le registrazioni del Maurizio Costanzo Show, la Premiata Ditta, David Riondino, la prima volta che ho visto Antonio Rezza…
Scopro che la platea non ha più le file di poltrone rosse ma tante sedie recuperate tra rigattieri e mercatini. Il teatro è pieno zeppo e mentre origlio senza volere, scopro due cose: una è che Valerio è seguitissimo e la seconda è che forse, se Dio vuole, questa orrida moda delle barbe lunghe del cazzo sta scemando.

Lo spettacolo inizia, gli sketch si susseguono e sono uno più divertente dell’altro, tra invenzioni continue, interazioni con sé stesso in video, soluzioni surreali, momenti di pura genialità e risate. Valerio si muove sul palco con consumata disinvoltura, scrive, dirige e interpreta, canta e accenna passi di danza tra paradossi temporali e umorismo che piacerebbe pure a Italo Calvino.
Strepitoso il finale con la reinterpretazione di un personaggio minore di Grease, che a raccontarlo veramente non saprei come fare ma è stato esilarante!

A fine dicembre ci sarà un nuovo spettacolo.
Io, se fossi a Roma e fossi in voi, non me lo perderei.


mercoledì 10 ottobre 2018

Ricchi di fantasia

Sabato 8 ottobre, 2018, spettacolo delle 19.20 ma che impunemente inizia intorno alle 20.00

Uci Cinema di Porta di Roma, la sala è talmente piena che ci dobbiamo accontentare di posti separati.



Come molti di voi sanno il Cinefilante ha un rapporto controverso con il cinema nostrano, quindi, quando Gian Luca mi ha proposto "Ricchi di fantasia", gli ho detto "Aspetta che almeno mi vado a vedere il trailer...".

Vado su Youtube, in pochi secondi mi faccio almeno un paio di belle risate.
Dai, si può fare, andiamo!

Appuntamento al cinema di Porta di Roma, di sabato sera.
Coraggio? Follia? Chissà, forse entrambe le cose.

Ricchi di fantasia parte senza troppi preamboli, pochi minuti e il nodo della vicenda è presto svelato.
Un geometra squattrinato, declassato a carpentiere dall'impiego precario, a causa di uno scherzo crede di aver vinto 3 milioni di euro ma in realtà no, non è vero.

Lo spunto è gustoso, gli stratagemmi e i malintesi condiscono un copione che si regge su un manipolo di personaggi tanto simpatici quanto disperati. Alcune battute, nella loro romanità un po' greve, si fanno portatrici di grande saggezza oltre che di risate.

La coppia Castellitto/Ferilli funziona a dovere, poi ci sono la nonna, i bambini, colleghi operai, in un viaggio on the road da Roma alla Puglia (è lunga la Puglia!), dove, l'incontro con i vicini di casa snob, ripropone una situazione à la "Ferie di agosto".
Si passa il consueto paio d'ore in spensieratezza, con il sorriso sulle labbra e con gli occhi pieni di colori vivaci.

Un film per tutti dove sembra rivivere una realtà da dopo guerra, in cui la sopravvivenza è legata a sogni e speranze spesso impossibili. Ma per fortuna almeno al cinema trionfano i buoni sentimentii!


Abbinamento alla pasticceria di Tarquinia "Bella Helene". Un angolo di Parigi incastonato nel tufo della Tuscia viterbese. Colazioni magnifiche e monoporzioni da perdere la testa.
In via Giuseppe Garibaldi 12 tel. 076619638.
Se passate da qelle parti non rinunciate ad un piacere del genere!

















domenica 9 settembre 2018

Mission Impossible: Fallout


  • Sabato 8 settembre 2018, Cinema Moderno The Space di Piazza della Repubblica,
    spettacolo delle 21.30 ma in realtà delle 22 circa. 
  • Il trailer de "Gli invincibili 2" l'hanno mandato in onda tre volte.
    Non che avessi intenzione di andarlo a vedere ma ora ogni pericolo è del tutto scongiurato.
  • Sala piena, di fronte a noi due fidanzati.
    Lui su Instagram e lei in chat con un altro. 


Come ormai da tradizione Mission Impossible lo vado a vedere con Gian Luca (il prode ex Ballestrero). Si può dire che lo stiamo vedendo invecchiare insieme Tom Cruise.

In questo nuovo episodio, evidentemente grazie al fatto che è ai vertici di Scientology, Tom raggiunge quasi l'immortalità fisica, riuscendo a schiantarsi con un elicottero e a rimanere vivo e vegeto, anzi immediatamente dopo scala pure una parete rocciosa a mani nude.

Molte scene di azione di svolgono a Parigi, una Parigi come sempre splendida e affascinante che fa da teatro ad alcune scene di inseguimento veramente eccezionali.
Non è che andando a vedere un episodio di Mission Impossible ci si aspetti di leggere un manoscritto inedito di "G." ma questa volta ci troviamo veramente di fronte ad una storia farraginosa e del tutto inutile.

Il regista (anche sceneggiatore) decisamente ha talento e sappiate, perché di certo non lo sapevate, che si tratta di colui che ha scritto la sceneggiatura de "I soliti sospetti".
In questa sede però la scrittura è poco incisiva e le scene di azione prendono il sopravvento mentre la storia soccombe miseramente.

Da notare anche un Tom Cruise nel cui sguardo si legge qualche preoccupazione, per carità sempre in splendida forma ma l'occhio tradisce stanchezza.

Inoltre Simon Pegg purtroppo è relegato in un ruolo meno incisivo del penultimo episodio e con lui latita anche la profonda l'ironia che, sebbene avesse dato un'impronta quasi comica alla serie, ne sanciva il timbro di godibilità di una visione di alto livello.

Le interpreti femminili  troppo plastificate non aggiungono niente da ricordare e il cattivo turno sembra imbalsamato da tempo.

Comunque tutti questi aspetti per così dire negativi non cambiano il fatto che il film faccia passare passare un paio d'ore col fiato sospeso pur sapendo che il personaggio principale non corre, per contratto, nessun rischio.
Nella realtà però, durante le riprese, Tom Cruise si è sderenato una caviglia e potete vedere la ripresa del drammatico incidente da varie angolazioni in questo spezzone tratto dal Graham Norton Show, pregevole talk-show prodotto dalla BBC.


Ovviamente vorrei concludere facendo presente che Henry Cavill ha un fascino davvero notevole, ma che probabilmente raggiungerà il suo meglio tra dieci o quindici anni, così come accade all'aceto balsamico tradizionale di Modena.

Ispirata da Henry Cavill vi consiglio dunque di provare questo splendido aceto, dell'Acetaia di San Matteo. Se siete appassionati non ve lo fate scappare.
Ovviamente sto parlando dell'aceto, che si può acquistare via web.
Henry Cavill no, ma vi metto una foto però...


venerdì 31 agosto 2018

Bedlam Club

Oggi il Cinefilante consiglia, consiglia e racconta.



Alcuni anni fa, nel mondo delle recensioni cinematografiche del web, apparve improvvisamente e come per vero miracolo, un utente che si firmava Bedlam.
In un'epoca dove sono più quelli che scrivono di quelli che leggono, fidatevi che Bedlam era decisamente da leggere.

In ogni intervento c'erano fuochi d'artificio, intelligenza, follia, metodo, cultura e divertimento allo stato puro. E mi si perdoni se non sono all'altezza di definirlo come meriterebbe, però giuro che lo sto facendo dal profondo del cuore perché di Davide Conti ce n'è uno ed è un essere unico e speciale e bisogna avere cura di lui, come direbbe il Maestro.

Ogni sua recensione era uno spunto per entrare in universo à la guerra lampo dei fratelli Marx, che per il tempo della lettura era come se ti facessero un balletto nella testa, lasciandoti solo la voglia di leggerne ancora.

Ad un certo punto però Bedlam cancellò tutti i suoi post pubblici (anche se in alcuni commenti su questo blog ancora si trova qualcosa) per evitare problemi di copyright, in vista di mettere insieme il materiale per la sua opera prima, e ci lasciò orfani del suo genio.

E' passato un po' di tempo e finalmente adesso abbiamo l'occasione di gustare l'opera compiuta.
Soprattutto abbiamo l'opportunità di sostenere Davide Conti nella pubblicazione del suo primo libro Bedlam Club che si può preordinare a questo link:

https://bookabook.it/libri/bedlam-club/

Ora... Voi lo sapete, io non sono una che fa petizioni o invita ogni due secondi a perorare una causa ma se vi dico che ordinando questo libro fate una cosa bella, per voi prima ancora che per lui, potete credermi.

E sapete bene che in questo mondo c'è un grande bisogno di fare cose belle.

Dunque, miei affezionati Lettori, voi che mi conoscete, che sapete bene come non mi sia mai prodotta in marchette internettiane, questo è il momento di credere in qualcosa e di dare la possibilità al Bedlam Club di vedere la luce attraverso il vostro contributo e realizzare un piccolo passo per l'uomo ma un gigantesco balzo per l'umanità!









domenica 26 agosto 2018

The Post, La la land e Ocean 8

Quest'estate ho visto solo tre film.
Tre film che insieme non ne fanno uno.



The post
Arena estiva di Marina Velca

Mea culpa, mea culpa, mea culpa.
Lo sapevo che era brutto ma di certo non immaginavo quanto.
Tom Hanks reduce da una recente imbalsamazione, Meryl Streep che gigioneggia in maniera ignobile.
Doppiato peggio di una telenovelas argentina dei primi anni Ottanta.

Perché continuare a parlarne quando si può sintetizzare una tale miriade di concetti in una sola parola?
Non ci spreco altro tempo: una merda!

Oltretutto si vedeva pure male.
Al momento di andare via, nella mia sconfinata ingenuità,  chiedo all'operatore: "Scusi... ma perché si vedeva così male?"
Risposta "Perché non era messo a fuoco e non ho voluto interrompere la visione per sistemarlo".



La la land
Arena estiva di Marina Velca

Non ricordo se ho già parlato di quanto non mi piaccia Ryan Goslin, di come i suoi occhietti piccoli e il suo perenne sorrisetto a mezza bocca non mi facciano pensare ad una simpatica faccia da schiaffi bensì ad una faccia di cazzo da prendere a legnate.
Questo per introdurre La la land, un brutto film che in molti hanno adorato.

Non ci vogliono poteri extra sensoriali per comprendere immediatamente che l'incipit posticcio, molto Grease, non porterà a niente di buono.

Ma la serata è fresca, siamo all'aperto in una bella arena estiva e la visione è pure gratis, decido di restare contro ogni buon senso. Qualcuno, giorni dopo, commenterà "alcune persone hanno proprio un feeling con il masochismo".

Dicevo, lui con quegli occhietti piccoli piccoli, lei invece con degli occhi sproporzionatamente grandi. Si conoscono, stanno insieme per un po', si lasciano, si rivedono per caso anni dopo e si lanciano uno sguardo che potrebbe dire;
a) è stato bello ma non avrebbe funzionato, è andata bene così..
b) abbiamo fatto male a lasciarci ma ormai è troppo tardi per noi...
Finito. Tutto qui. Canzoni decenti ma che di certo non mi compro il vinile.
Colori sgagianti.

Occhietti piccoli e occhioni grandi, ugualmente insopportabili.

Tornando a piedi verso casa, ascolto i commenti degli spetattori:
"Bellissimo! mi  è piaciuto davvero tanto!"
"Straordinario, loro sono bravissimi!"
"Bello veramente!"
"Oddio quanto m'è piaciuto..."

E niente, c'è da prendere in considerazione che sia io a non capirci un cazzo.


Ocean 8
Cinema Etrusco di Tarquinia

Praticamente hanno sbagliato a scrivere sulla locandina il film quindi il film francese previsto viene sostituito da Ocean 8.
OK, va bene, l'importante è che non sia diretto da Steven Soderbergh.
Si tratta di una rapina fatta da tutte donne.
Patinato, inverosimile e inconsistente che nemmeno la carta velina.
Dialoghi imbarazzanti e sceneggiatura che necessita di uno spiegone finale lungo metà film.
A distanza di nemmeno due settimane già non mi ricordo più nulla. E infatti è un film da dimenticare.
Esci dal cinema e azzardi anche che sia stata una visione piacevole.
Poi ritorni in te.



Abbinamenti cinematografici, parlando di rapine, solo per citarne uno a caso;
Uno splendido Jéan Pierre Melville con Le cercle rouge (titolo italiano I senza nome), con Alain Delon al massimo del suo fascino e l'immenso Yves Montand. Ciao Ocean, ciao proprio...

domenica 17 giugno 2018

La truffa dei Logan (Logan Lucky)


  • Sabato 17 giugno 2018, Cinema UCI a Porta di Roma, Sala 3, posti F3 e F4, spettacolo delle 22.20 che in realtà inizia 35 minuti dopo.
  • No, dico io, ma allora di' che inizia alle 22,55 no?
    Per ingannare quei 35 minuti siamo usciti all'aperto, salvo poi intristirci alla visione di orde di tredicenni seminude, che passavano la serata sulla terrazza di un centro commerciale.
    E ci raggiungeva anche la puzza di fritto del McDonald.



Qualche volta fa al cinema avevamo visto il trailer della truffa dei Logan e ci era sembrato pieno di brio, divertente, sufficientemente colorato e eccessivo.
Veramente fico Daniel Craig versione biondo platino! E dai, andiamo!

Non ci aspettavamo il film del secolo, né la rivelazione ultima sul senso della vita ma nemmeno di sperimentare la noia in così svariate e molteplici sfaccettature.

Io mi sono messa a osservare la mia vicina di posto, una signora di tre quarti di età, accompagnata da un giovaotto. Il figlio? Il toy-boy? Un nipote unico erede?
Chi può saperlo? E mentre mi facevo queste domande ne La truffa dei Logan non accadeva niente o meglio, le cose accadevano ma senza che il mio interesse venisse minimamente scalfitto.
Insomma, passa la prima mezz'ora e le nostre facce diventano icone di rassegnazione.

I personaggi sembrano essere tutti un po' squiibrati, quasi border-line, parlano tutti lenti, sbagliano le parole e litigano per futili motivi.
I tempi morti poi rallentano una storia già natural born inceppated.
In questo balaimme del nulla però uno di loro si rivelerà un genio della rapina, capace di ideare un piano che nemmeno la sorella folle dell'ultimo episodio di Sherlock, sarebbe riuscita a ideare.

A fine proiezione iniziano i titoli di coda e finalmente trovo un perché a tutto questo: un film di Steven Soderbergh.

Cazzo, dico, ecco perché!
Steven Soderbergh, colui che ha osato concepire il remake di Solaris, quello che ha dato vita alla saga dei vari Ocean stocazzo, il tizio che ha sdoganato il voyeurismo e reso felici branchi di pipparoli incalliti con Sex and lies and videotapes...

Il trauma mi riporta al momento in cui abbiamo fatto il biglietto, con una tessera grazie alla quale entriamo gratis.

Leggo il cartello alle spalle del cassiere, "Lo spettaolo avrà inizio dopo 35 minuti dell'orario indicato", faccio una smorfia che Gloria Swanson me spiccia casa ed esclamo: "Certo che 35 minuti dopo è veramente una cosa indecente!".

Il tizio per qualche secondo resta in silenzio, nemmeno alza gli occhi.
Sarà lì da ore e probabilemnte fino a quel momento è riuscito a farsi i cazzi suoi, poi evidentemente non può più resistere e risponde "E ringrazia Dio che manco paghi pe' vede' sto film!".

E come darti torto amico cassiere?

Abbinameno cinematografico, letterario e televisivo.
Prima di questo filmetto, per me di Logan esisteva solo la fuga, invece della truffa.
Prima vidi il film, che mi piacqua moltissimo, quindi decisi di comprare il libro, che ancora possiedo e infine adorai la serie di telefilm con il bel Gregory Harrison.
Sia il film che la serie sono entrambi datati ma il libro conserva ancora intatto il suo fascino.
Il messaggio comunque dovrebbe essere chiaro: Fuga di Logan sì, Truffa dei Logan NO.

giovedì 14 giugno 2018

Divagatia Magna: Tanti auguri a me!


Il Cinefilante ha da poco compiuto 10 anni e per festeggiare si autoassegna, a suo isindacabile giudizio, l'ambito premio/riconoscimento "Il Cinefilantino d'oro", dal valore di svariate migliaia di euro.

Vi ripropone  quindi 7 recensioni che apprezza particolarmente e in pieno impeto autoreferenziale, oltre a linkarle di seguito, aggiunge, seppur non richiesto, un ulteriore commento, una recensione della recensione.
 
Il condominio dei cuori infranti
Un piccolo capolavoro, si gode sempre nel rileggerla.

A ghost story (Storia di un fantasma)
La fantastica capacità di parlare bene di un film con delle caratteristiche mongolfiere.

La grande bellezza
Pare che Sorrentino l'abbia linkata a tutti i suoi amici, una delle sue recensioni preferite.

The tree of life
Osannato dalla Critica, stroncato senza pietà dal Cinefilante, chi avrà ragione? Indovinate un po'!?

Videocracy
Recensire un film senza averlo visto è possibile? Per il Cinefilante sì!

Il filo nascosto
Un capolavoro? Sì, ma del ridicolo!

Gli ultimi 10 minuti di Games of thrones - ep.5Perché parlare di una serieTV, di una stagione o di un episodio, quando 10 minuti dicono tutto?

 

E perché un'immagine di cornetti? Perché sono buoni e Il Cinefiante li adora!


martedì 12 giugno 2018

Senza distanza

  • Giovedì 7 giugno 2018, Cinema Farnese, nell'omonima piazza, ore 20.30
  • Regista e attori in sala
  • Per motivi conosciuti solo da sconosciute forze invisibili questo post è stato completamente cancellato dalla memoria del blog. E un po' anche dalla mia, visto che scrivo di getto e senza conservare delle bozze. A scanso di equivoci per il futuro comincerò a conservare ciò scrivo e nel frattempo cambio anche la password, non si sa mai.


Scritto e diretto da Andrea Di Iorio che con 15.000 euro ha fatto tutto e in otto giorni.

15.000 euro.

15.000 euro... in molti alla sua età ci avrebbero comprato una macchina e lui invece si gira un film e ci vince anche il premio per il miglior lungometraggio al New York City Independent Film Festival.

La storia è gustosa, un singolare bed & breakfast che offre di sperimentare la possibilità di una relazione a distanza a coppie in procinto di fare scelte di vita, per lo più per esigenze lavorative.
Ogni camera corrisponde ad una città diversa, con un differente fuso orario.
Presto però gli spazi comuni diventeranno però il teatro di un "carnage" a causa dell'arrivo di un deus ex machina, la bella e intensa Elena Avigo, che sovvertità le certezze degli ospiti, offrendo una visione della vita e delle relazioni del tutto inedita.

Una storia originale che come una bella canzone, che si può prestare a vari arrangiamenti, potrebbe facilmente, con minimi cambiamenti di registro virare  all' horror,  scivolare nella commedia erotica, esplodere nella fantascienza classica o strizzare l'occhio a The wicker man. 

Regista e sei attori affiatati operano un miracolo, in cui la mancanza di mezzi è una sfida vinta con la grinta della sceneggiatura e un bel lavoro sui personaggi e sulle loro facce.
Un cinema italiano di idee, come ce ne vorrebbe di più, che ti fa dire Dio santo ma allora è possibile!

Sarebbe interessante, oltre che decisamente un augurio, vedere cosa farebbe questo ragazzo con un budget di almmeno uno zero in più.


Abbinamento mangereccio con il mitico Antico Forno Roscioli in Via dei Chiavari 34,
tel. 066864045
, dove è impossibile non fermarsi per prendere una delle migliori pizze di Roma. 
O meglio. potete pure non andare ma vi perderete una gran pizza!

martedì 5 giugno 2018

Trust

Serie TV in 10 episodi


Nel 1973 avevo 7 anni e fu sconvolgente quando a Paul Getty III, rapito a Roma, tagliarono un orecchio per convincere i parenti a pagare il riscatto.
Ero veramente piccola ma questa cosa me la ricordo bene, così come ricordo che nello stesso periodo si parlava di Uri Geller, che con la forza del pensiero piegava i cucchiaini.
Quanti pomeriggi passati esercitandosi, ma niente, il cucchiaino non si piegava mai.
La storia dell'orecchio però fu veramente brutta e rimase uno dei primi fatti di cronaca che mi colpirono.
Insomma avendo seguito la vicenda, quando nelle vite di tutti noi entrò the Internet, oltre a cercare che fine avesse fatto Adam Rich (il Nicholas Bradford dell'omonima famiglia), cercai anche Paul Getty III, ed ebbi un'amara sorpresa.
 
La serie inzia alla grande, tra frizzi e lazzi il primo pensiero, ormai ricorrente, è come ormai le serie Tv gli facciano una pippa al Cinema.
Alla regia Danny Boyle al quale poi si avvicendano altri colleghi, tra cui Emanuele Crialese.

Osteggiata dagli eredi Getty che non hanno apprezzato il taglio della storia, Trust è comunque andata in porto. Lo sceneggiatore, Simon Beaufoy infatti accredita la teoria in cui Paul Getty III stesso sia stato, inizialmente, l'organizzatore del suo rapimento, per estorcere soldi al nonno tirchissimo.

Veramente molto belle le scene romane, capaci di restituire la luce di quegli anni, ricostruzioni meravigliose degli anni Settanta che fanno viaggiare nel tempo.
Coraggiosa la scelta di lasciare in dialetto calabrese originale (quasi un intero episodio) così come le numerose parti in italiano.

Il cast è altisonante, su tutti svetta il grande vecchio, Donald Sutherland, eccezionale in una parte veramente antipatica.
Largo spazio agli italiani con Battiston e Luca Marinelli, che porta in trasferta lo  Zingaro, in Calabria,

Curioso il taglio della sceneggiatura, decisamente inedito, forse non del tutto convincente ma affascinante per i cambiamenti di registro, con un ultimo episodio mockumentaristico,  del tutto evitabile, presentato da Brendam Fraser.

Ecco, Brendam Fraser dovrebbe farci riflettere su come la vita passa in fretta.
Con un esordio nei primi anni Novanta in cui era davvero un bel ragazzone, impreziosito da occhioni chiari e pettorali nel miglior Shwarzeneger style, ma con un espressione del viso che sembrva dire "No, non sono un membro della MENSA", ebbe l'occasione di fare un grande salto e interpretare Demoni e Dei, con il meraviglioso SIr Ian McKellen. E poi eccolo...
Lo ritroviamo in Trust, sempre con quell'espressione  "No, non sono un membro dela MENSA" al quale però si è reso necessario aggiungere "Però me so' magnato tutta la mensa!".

Insomma, dicevo dell'amara sorpresa,  in questo ultimo episodio è lui che ci invita ad andare su Google per cercare che fine abbia fatto little Paul.
E io ve lo svelo poiché è realtà, non spoiler.
A soli 25 anni Paul Getty III a causa di un cocktail di droghe viene colpito da un ictus che lo lascia quasi completamente paralizzato,  cieco e incapace di esprimersi. Costretto su una sedia a rotelle fino alla morte avvenuta nel 2011. Anche i ricchi piangono.

Pare che la FX stia pensando ad una seconda stagione di Trust, sull'inizio della fortuna del Paul Getty I e, forse, sul perché sia diventato un essere totalmente privo di umanità. Staremo a vedere!

Abbinamento mangereccio con una gelateria aperta da pochissimo ma che già fa parlare di sé per il suo gelato eccezionale La riserva della neve, a piazzale Clodio angolo via della Giuliana, esattamente Circonvallazine Clodia, 36. Irrinunciabile, uno dei migliori gelati di Roma.

giovedì 24 maggio 2018

L'arte della fuga

  • Giovedì 24 maggio 2018, in sala dal 31 maggio
  • Anteprima presso la sala cinematografica del Centro Culturale San Luigi di Francia, ore 10.30

Tratto da un best seller americano ma lavato nella Senna, L'art del la fugue si mantiene in bilico tra commedia familiare e malinconia, in una Parigi che resta in disparte ma concede generosamente il suo respiro.
E niente, solo i francesi riescono ad avere questa leggerezza, questo registro un po' frou-frou anche se sono infelici, insoddisfatti e irrisolti.
Tre fratelli (che curiosamente si somigliano anche un po') alle prese con due genitori molto presenti, per non dire invadenti.
Antoine è gaio ma la cosa non fa notizia, thanks God. E' annoiato dalla sua relazione decennale ma non sa come sganciarsene.
Louis, quello con un successo professionale più evidente, vive a Bruxelles e mette le corna alla fidanzata con Mathilde, un'Irene Jacob fisicamente cristallizzata ai tempi della doppia vita di Veronica.
Gérard, che sembra il fratello minore di Benicio del Toro, si è appena separato ed è distrutto ma troverà conforto nell'accoglienza di Ariel, Agnés Jaoui alla quale gli anni che passano regalano charme e disincanto.
Le loro vite sono un curioso miscuglio di intromissioni e confidenze svelate, nessuno sembra volersi guardare veramente dentro, tantomeno crescere emotivamente ma la Vita ha in serbo per ognuno di loro un evento catalizzatore, davanti al quale le decisioni che hanno sempre rimandato reclameranno una scelta.
Regia molto naturale e intimista che riesce a regalare dei ritratti veri e molto umani. Una bella sceneggiatura che non lascia punti oscuri e trae il suo meglio da cose dette a mezza bocca e verità taciute.
Epilogo che lascia ad ognuno di essere sé stesso, nel bene e nel male.
Un film piacevole che difficilmente deluderà lo spettatore in cerca di storie delicate ed esenti dalla minima volgarità.


Come non abbinare al Centro Culturale San Luigi di Francia, magnifica libreria e centro dove a Roma in pieno centro ci si può godere un angolo di Francia. In Largo Giuseppe Toniolo, 20-22,  tel 066802626

martedì 22 maggio 2018

Loro 1 e Loro 2

  • Entrambi visti al Moderno The Space di Piazza della Repubblica, in date diverse.
  • Loro 1, sabato 5 maggio 2018, spettacolo delle 20 circa
  • Loro 2 sabato 19 maggio 2018 , spettacolo delle 16.50
  • Entrambi visti con Il Ballestrero, che ha anche sponsorizzato la visione.
  • Prima un caffè da Eataly, sempre in Piazza della Repubblica.



Un'opera che mastica storia e realtà per risputarla Arte, se qualcosa resterà di questo Cinema, Loro resteranno sicuramente.
Regia impeccabile, con più di un momento da gridare al Miracolo, per l'intelligenza della scrittura (da Dio).
Un mix geniale di verità sofferta e volgarità gratuita, un puzzle di circa sessanta milioni di tessere rivestite di uno specchio in cui non è facile guardarsi.
Sorrentino riesce a mantenersi sul filo di molteplici generi, contenendo il registro pur ammantandosi di una patina spavalda e debordante. Emozioni sulle montagne russe, ci si indigna e un secondo dopo si ride amaro, poi ci sente spiazzati e infine, unicamente, la sofferenza.
Quello che colpisce più forte non è tanto il ritratto di Berlusconi ma il Loro, un teatrino dei poveretti disposti al macello (carne da). Gente disposta a svendere qualsiasi valore per pochi o molti euro euro.
Il surreale intessuto nella trama restituisce ritratti agghiaccianti, al limite del grottesco, piacerebbe pensare che sia fiction, piacerebbe.
Mentre il primo film si concentra su tutta una serie di arrampicatori sociali di varia estrazione, il secondo entra più nel contesto berlusconiamo, regalando scene capaci stare in piedi anche da sole, su tutte la telefonata per vendere l'appartamento.
E in effetti alla fine B. non esce nemmeno troppo male, fa quasi tenerezza questo guitto cresciuto a pane e prima repubblica, convinto veramente di poter fare qualunque cosa.
Comunque bravo Scamarcio nella parte del viscido, intensa la sofferta  Kasia Smutniak in quella della maitresse, eccezonale Servillo, con un doppio ruolo per di più.
Splendida la villa in Sardegna e menzione speciale alla pecora, il cui simbolismo mi è rimasto osuro, almeno quanto il comprendere chi sia veramente Berlusconi. E chi è Dio.

Abbinamento con il giardino della Landriana. 
Un posto magnifico che nasce dalla volonta di una persona di portare bellezza in un territorio che prima del suo arrivo era spoglio e arido. Una natura meravigliosa che riconcilia lo Spirito e con la possibilità di fare le cose al meglio.








lunedì 14 maggio 2018

Escobar, il fascino del male

  • Sabato 12 maggio 2018, UCI Cinema a Porta di Roma, sala 9 (piena)
  • Varia umanità vestita a festa
  • Non ho visto la serie TV su Escobar e dopo aver visto il film voglio istituire la “Giornata Mondiale per l’Intuito che ti salva dal guardare storie orrende”.



Viviamo in un mondo allo sfacelo, dove la gente pensa che tutti i problemi siano legati ai cinesi.
Al mercato, sulle bancarelle, ci sono abitucci da quattro soldi con fogli A4 con scritto “merce prodotta in Italia”.
Ci si lamenta del traffico, si esulta per la Maggica, quelli che amano i 5 stelle litigano con quelli che non amano i 5 stelle, sfondando i cojoni a chi dei 5 stelle non interessa una ceppa di minchia, il tutto senza mai alzare la testa da telefonino.
Questa l’ho sentita realmente nello spogliatoio della piscina, donna sulla cinquantina parlando con l’amica dice: “No, cioè, che poi si capisce che lui ci tiene a me… ogni sera mi manda un cuoricino..”.
Ci troviamo in un momento particolare, la civiltà umana non aveva mai toccato un punto così basso.

Lungi da me l’idea di fare una morale, che già oltre trenta anni fa un grafologo, studiando la mia scrittura, decretò “tu sei amorale”, però, cazzo, se l’arte resta l’unico baluardo a guardia delle mura di un castello dove sopravvivono la cultura,  il valore della verità e della bellezza, perché il Cinema che dovrebbe far parte di quel meraviglioso conglomerato dovrebbe mettere in scena Escobar?
Che poi già l'aveva fatto Benicio Del Toro, con i suoi occhietti abbottati.
Cosa abbiamo fatto di male per meritarci di vedere sullo schermo la bruttura di certe persone e delle loro malefatte?
Ebbene ce lo spiega il sottotitolo: il fascino del male.
Sì, c’è chi è affascinato dalla prevaricazione, dalla violenza e l’ignoranza. 

Brevemente, Escobar è un narcotrafficante colombiano che arriva ad accumulare una tale fortuna da essere più potente del governo (quello della Colombia però, non quello degli Stati Uniti).
Le vite degli altri per lui non hanno nessun significato, chiunque, secondo i suoi parametri, non gli porti rispetto viene giustiziato senza pietà. Le carneficine si susseguono ad un tale ritmo che alla fine non le conti più ma i cadaveri accatastati formano colline di svariati metri al di sopra del livello del mare. L’essere straricchissimo non gli impedisce di fare una vita di merda come l’ultimo dei baraccati, visto che è sempre in fuga e circondato da trogloditi, muore a 44 anni, crivellato di proiettili.
In Colombia (e tristemente non solo lì) è considerato un mito, un Robin Hood sudamericano, benefattore del popolo.
Povera gente, i morti, gli assassini, quelli che celebrano il mito, poveretti tutti, in un declino della civiltà inarrestabile.

E passo al film, prodotto da Javier Bardem che all’inizio pensi abbia operato una trasformazione come quella di Robert De Niro in Toro scatenato, mentre poi ti viene il dubbio che sia proprio così.
Non disdegna di farsi vedere a culo nudo.
Vi giuro, un culo che nessuno mai vorrebbe vedere nella vita né tantomeno avere possedere tra gambe e schiena.
Avendo visto la versione doppiata in italiano mi pregio anche di sottolineare, come ormai tristemente spesso accade, un doppiaggio biascicato che, quello sì, avrebbe meritato una pistolettata a bruciapelo sulla nuca.
Nel prodursi il film, fortemente voluto, Javier ovviamente si sceglie come coprotagonista la moglie Penelope Cruz, in una parte altrettanto di merda.
Penelope interpreta Virginia, l’amante di Escobar, tutta un gesticolare tra vestiti, gioielli e capelli coiffati che cambiano colore ad ogni scena, un troione di alto bordo che non ispira nessuna simpatia.
Primi piani sui denti, sulla bocca, sugli occhi sempre truccatissimi, te le fa vedere così bene che non puoi fare a meno di chiederti come sia veramente senza le ore al trucco.
Vabbè comunque alla fine Escobar muore ma non lo considero un spoiler, visto che stiamo parlando de 'n fijo de na mignotta realmente esistito.

Per inciso, non che la Colombia sia mai stata una delle mete nella mia wish list però sicuramente ora mi verrebbe voglia di cancellarla dalle rotte aeree del globo terracqueo. Insomma non è che gli hanno fatto un bel servizio a quel paese.
Detto ciò mi viene pure in mente che sarebbe possibile comparare Escobar, il fascino del male a Loro 1 e 2, di cui vi parlerò nei prossimi giorni.
Entrambi non sono solo film su di un personaggio aberrante ma sulla massa pronta a vendersi per pochi (o molti) soldi. Del resto mi rendo conto che i telefonini hanno il loro costo, che farsi laccare le unghie con il gel comporta una spesa, così come acquistare articoli su Amazon e, ora e sempre, forza maggica*.


*Forza Maggica è una mera esigenza di scrittura, del calcio non me ne è mai fregato un cazzo.

Abbinamento con una bella serie TV: TRUST, che si svolge anche in Italia, sul rapimento di Paul Getty III e il suo orecchio tagliato. Probabilmente ne parlerò in seguito.

sabato 14 aprile 2018

Ready Player One

Cinema Moderno di Piazza Esedra/della Repubblica.
Spettacolo delle 18.40, tipo 40 minuti di pubblicità, mortacci loro.
Il trailer degli Avengers ce l'hanno fatto vedere almeno tre volte.
Valga l'invito che più avanti gentilmente rivolgo a Steven Spielberg.



Al cinema gratis con il Ballestrero, che ha una convenzione aziendale.
A proposito qualcuno gli ha hackerato l'account e il suo blog è andato perduto come lacrime nella pioggia. Essendo lui una personcina a modo ha da parte tutti i suoi articoli ma al momento non ha né voglia né modo di rimettere in piedi tutto quanto. Ve lo saluto io, state tranquilli.



Quando ero piccola i fornai chiudevano il giovedì pomeriggio.
Era un bel fastidio se proprio in quel momento si aveva voglia di un pezzetto di pizza bianca.
Oggi non è più così, a qualsiasi ora del giorno e della notte puoi uscire e trovare qualcosa di aperto dove fare la spesa.

Non ho mai amato Spielberg, la sua scelta di piacere a tutti,  commerciale,  furbo, senza mai uscire dalle righe. Gli alieni per lui sono sempre e solo stati buoni, bruttini e rugosi ma buoni.
I dinosauri, un vero colpo basso, una serie di film talmente inutile che non merita di essere citata.

Ready Player One  invece è uno spettacolo magnifico e da un senso alla visione sul grande schermo, perché non c'è megaschermo che tenga di fronte alla moltitudini di universi rappresentati.

Chi decide tristemente di affidarsi ad una televisione, seppur enorme, dovrà accettare che le dimensioni contano e quelle di Ready Player One sono smisurate.

Nessun attore di grande richiamo, bel coraggio, che quando c'è la storia non hai bisogno di un Johnny Depp ormai posticcio e nella memoria comunque resteranno sempre più gli avatar digitali delle loro versioni umane.

A questo proposito vado un po' a curiosare tra i protagonisti.
Mi colpisce Mark Rylance, soprattutto per il doppiaggio orrendo.
Ho già detto che il il film è doppiato a cazzo? Mi sembra di no. Bè il film è doppiato a cazzo.
Per il doppiaggio valga l'invito che più avanti gentilmente rivolgo a Tarantino.

Insomma Mark Rylance vedo pure che è stato protagonista di un film dei fratelli Quay.
Bè andiamo a vedere. Cioè dopo quaranta minuti volevo andare a comprare un cilicio per riprendermi e mettermi un po' di buon umore.

Pur nell'appassionante visione comunque la memoria però non può evitare di andare a The Congress, un bel film del 2013 (da un lungo racconto di Stanislaw Lem) che in definitiva mette in scena esattamente la stessa sostanza, sebbene al posto del visore basti ingoiare una pillola.Meno citazioni e inseguimenti supersonici ma il dramma di una civiltà ridotta alla povertà e alla schiavitù fisica e intellettuale, in balia di un'illusione alla portata di tutti è proprio la stessa.

E di fronte alla fine di una civiltà è un tantino raccapricciante che la soluzione spielberghiana sia di chiudere al mondo virtuale il martedì e il giovedì, proprio come le panetterie degli anni '70.
Sì, vivete tranquilli una vita demmerda che tanto non avete altre possibilità, spacciatevi pure per qualcun altro ma non  il martedì  e il giovedì, no, in quei due giorni state a casuccia a farvi le coccole o a dare le capocciate al muro.

Io la butto là, come di consueto in maniera tenue e delicata... Ma mavvaffanculo Spielberg a te e a tre quarti della palazzina tua.
Cioé mi scomodi Parsifal e il Santo Graal, proponendomi pure letture a livelli più profondi e poi mi baratti tutto per due giorni di riposo settimanale?

E passo al vero problema di Ready Player One, le citazioni.
Le citazioni dovrebbero proibirle per legge. A Tarantino l'ergastolo.

Di quale pochezza siamo fatti per trarre il godimento principale nel vedere replicate immagini di film già visti, di personaggi che conosciamo a memoria?
Impossibile stare dietro a tutte le citazioni di Ready Player One, impossibile.
E quindi tutti a cercarle, ad elencarle, con la luce negli occhi e nel cuore, come se il Cinema fosse morto e si cibasse di sé stesso.
E noi spettatori a mangiare avanzi felici e contenti, con tanta soddisfazione.
Chiedo troppo a volere un'idea nuova, mentre stanno facendo il remake di Matrix?

Oh però, cazzo bisogna dirlo, Ready Player One è fico che più fico non si può e ci si diverte un mondo.
Quindi lo consiglio vivamente.
Ma evitate di andarci il martedì e il giovedì, potreste avere un'amara sorpresa.

Doveroso l'abbinamento cinematografico con The Congress, un film che praticamente non si è filato nessuno e che invece è molto interessante. A me è piaciuto molto. Esticazzi, direte voi...

giovedì 29 marzo 2018

Egon Schiele: Tod und Mädchen, recensione in due tempi con digressione sull'arte ai tempi di Facebook e una considerazione su Kevin Spacey

Recensione in due tempi.
Il primo tempo l'ho scritto appena visto il film (luglio 2017).
Il secondo tempo l'ho scritto in questo momento, nel 2018.



Visto al Forum di Cultura Austriaco in Viale Bruno Buozzi che di per sé è già un bel vedere.
Incontro con il regista e la sceneggiatrice prima della proiezione.
Fila lunghissima per entrare e controllo con il metal detector.
Per accedere al giardino passaggio per la splendida biblioteca, con mobili e lampade d'epoca.

Primo tempo
Parliamoci chiaro, se vi andate a vedere le foto del vero Egon Schiele vi ricorderà una specie di Mr. Bean d'epoca, se invece guardate il film scoprirete che l'interprete, Noah Saavedra, è decisamente interessante, tanto che per tutto il tempo mi sono chiesta perché avessero invitato il regista e la sceneggiatrice quando potevano farci trovare l'attore, che magari aveva un debole per le donne mature e procaci e non si sa mai, a Roma, in una sera d'estate.


Diciamo che è sempre interessante gettare uno sguardo sulla possibile vita privata di un'artista, anzi di due artisti, perché qui c'è anche un po' di Klimt oltre che Schiele.
Il problema nasce quando al di là dell'immensa produzione artistica ti trovi di fronte un personaggio discutibile sul piano umano. Ci si interroga su come sia possibile che la modernità dell'opera e l'espressione spregiudicata del tratto scavato e spigoloso non corrispondano ad un vivere altrettanto spavaldo. Si scopre che Egon fa delle scelte personali dettate da puro interesse economico, ha tendenze incestuose e probabilmente anche derive pedofile ma cosa più teribile mette in secondo piano i sentimenti e la sua amante/modella Wally Neuzil. per un volgare matrimonietto di interesse.
Insomma va a finire che Schiele ti sta un po' sul cazzo e anche Klimt non ne esce bene del tutto.
Per il resto forse è poco credibile l'atmosfera alla Tutti insieme appassionatamente in un'Austria prebellica che sembra godere del clima della costiera amalfitana.

Secondo tempo
Penso al povero Kevin Spacey, che per aver approcciato in maniera un po' decisa un ragazzo, di cui non si ricorda nemmeno più, l'hanno addirittura tolto di peso da Tuttii soldi del mondo, in cui interpretava il tirchio Paul Getty, colui che non volle scucire un dollaro per il riscatto del nipote.
E a quel nipote gli tagliarono un orecchio, un atto atroce che resta uno degli incubi della mia infanzia.
Ebbene, dicevo, hanno preso tutte le scene in cui c'era Kevin Spacey e le hanno fatte rigirare a Christopher Plummer (che molti anni prima aveva interpretato Tutti insieme appassionatamente).
E non solo, vogliono pure continuare House of Cards senza di lui  (senza nemmeno sostituirlo con Christopher Plummer).
Quanta ipocrisia, povero Kevin, mentre le vicende private di Schiele sono dimenticate e i suoi quadri sono in tutti i musei.

Digressione sull'arte ai tempi di Facebook
I quadri di Schiele... Schiele piace a tutti.
Sputtanati i girasoli di Van Gogh, che li abbiamo visti ovunque, dai calendari ai tappetini per il mouse e alle piastrelle della cucina, avendone piene le tasche dei baci e degli alberi della vita di Klimt con la foglia d'oro a fare da sfondo, per qualche strano motivo Schiele piace a tutti.
Non le ninfee di Monet o la non pipa di Magritte ma i nudi di Schiele trovano spazio nella rosa degli artisti preferiti del radical chic d'ordinanza.
Diciamo la verità, dichiarare di adorare Schiele ha la doppia valenza di farci sentire un po' tutti degli intenditori di arte sopraffini e anche di provare quel brivido di riconoscersi nel tormento del sublime.
E invece tiè! Schiele è un borghese egocentrico.
Detto ciò il film è uscito di straforo in qualche cineclub. Tutti, su Facebook, a condividere l'evento ma alla fine credo non ci sia andato nessuno a vederlo.
Viviamo davvero in un'epoca particolare.

Considerazione su Kevin Spacey
Secondo me Kevin Spacey se lo ricorda benissimo il tizio che ha sbattuto sul letto in maniera un po' diretta ma di fronte a questa denuncia tardiva si è tolto lo sfizio di farlo sentire una nullità, dichiarando di non ricordare nemmeno chi fosse.
Sì, denunciami pure, toglietemi Tutti i soldi del mondo, toglietemi pure House of Cards, but I'm sorry babe, I dont even know who you are.
Un grande.

Abbinamento floreale e decisamente stagionale con il parco Tulipark, in Via della Giustiniana, alle porte di Roma, che nei prossimi giorni fiorirà con ben duecntomila tulipani. Io ci andrò sicuramente!


lunedì 26 febbraio 2018

Il filo nascosto


 


ATTENZIONE SPOILERONE MAGNO CUM GAUDIO

Inizia bene il filo nascosto, una qualità di cinema superiore, sembra un film in bianco e nero e invece è a colori ma suadenti, tone sur tone.
C'è l'eleganza, la precisione nei gesti, negli sguardi, c'è il recupero pure dell'alta sartoria in un'epoca di industria cinese al ribasso.
Oggi diremmo che lui è uno stilista ma in realtà il personaggio interpretato da Daniel Day Lewis non ha frequentato l'Istituto Europeo per il Design, si è formato con ago, filo e passione forgiata da un lavoro duro e metodico.
Creare abiti è diventata una missione e un rifugio. Gli abiti a dire il vero sono brutti un colpo, non hanno nessun fascino, sono i prodotti di un artigiano eccezionale ed è impossibile infatti non rilevare che Mr. Woodcock sia quanto di più lontano ci possa essere da Valentino.

Ma vi racconto la storia, che è cosa assai  curiosa.
Mr. Woodcock che in italiano dobbiamo inevitabilmente tradurre con Signor Cazzodilegno (e avrei tanta voglia i chiedere a Paul Thomas Anderson cosa l'abbia spinto a scegliere questo cognome così specifico) si invaghisce di una cameriera che esteticamente sembra avere lo stesso pudore di una Joan Fontaine dei bei tempi. La ragazza non ci pensa due volte a lasciare la sua promettente carriera e a diventare la sua amante.
Amante... che sia l'amante lo intuiamo, perché proprio come in un film degli anni 50 non ci è dato mai sapere cosa accade veramente oltre la porta della camera da letto.
Possiamo solo immaginare.
E cosa immagina il Cinefilante, con la sua fervida fantasia?
Non mi immagino niente.
Il signor Cazzodilegno è quanto ci sia di più noioso sulla faccia di questa terra, oltre che petulante e isterico. Lei di contro è una scopa secca (da ora in avanti la chiamerò così) perennemente spettinata. Carica erotica tra i due protagonisti vicina allo zero assoluto, che ricordo essere - 273,15 gradi.

Ma dai, almeno ci sarà un'intesa intellettuale tra Cazzodilegno e Scopasecca?
No, manco pe' gnente, evidentemente l'unica cosa che hanno in comune è il legno, presente sia nel cazzo che nel manico della scopa.
Cazzodilegno dopo un po' si stufa ed è allora che Scopasecca prende sorprendentemente in mano la situazione, con gran stupore  dello spettatore che al massimo si aspetta un suicidio. 
Insomma Scopasecca va a raccogliere i funghi e gli prepara una zuppetta avvelenata.
Il sapiente dosaggio del fungo velenoso è calibrato non per una risoluzione definitiva bensì per per dolori atroci, ingestibile vomito e cacarella, brividi e dolori atroci.
Scopasecca asciuga il sudore sulla fronte di Cazzodilegno, lo accudisce come una badante consumata e lui come un omuncolo di mezza età, che necessita pù di personale di servizio che di una compagna, la sposa.
Poco tempo dopo però si rompe i cojoni un'altra volta ma Scopasecca è lì pronta con altri funghi.
Questa volta lui capirà il gioco perverso ma vi si sottometterà volentieri in nome della follia di entrambi.

Ma per amor del cielo, no Paul, no, proprio non ci siamo.

Sì lo so, non ho parlato del rapporto con la madre morta, del rapporto con la sorella complice e istigatrice, del filo nascosto, della splendida colonna sonora, di tutto il pippone sull'inversione dei ruoli tra schiavo e padrone... ma di fronte a tanta critica iperbolica non sapete il gusto di ridurre tutto alla strana storia di
Cazzodilegno e Scopasecca.

E arrivo pure a Daniel Day Lewis, bravissimo per carità, ma ci sta sfiancando da anni con questa storia che non vuole più recitare. Per me comunque resta sempre il tipo che lasciò tramite fax Isabelle Adjani, incinta di pochi mesi di loro figlio.

Doveva essere il cinema con "C" maiuscola, doveva riscattare tanta immondizia commerciale, mettere fine alle guerre e portare la pace nel mondo...  E invece la magnificenza della regia, la cura maniacale del dettaglio, la confezione simile a quella che Cazzodilegno dedica alla fattura delle sue creazioni si riduce a 50 sfumature di grigio estremo.


Abbinamento cinematografico con La ragazza del peccato, di Claude Autant-Lara del 1958 con una giovane Brigitte Bardot e un dolente Jean Gabin, due volti che meglio avrei visto (giocando al Fantacasting) nei ruoli dei due protagonisti de Il filo nascosto. Da recuperare.